La Croce: “Ddl Cirinnà, tira e molla sugli #emendamenti”

Giovanardi e Malan hanno ritirato l’80% delle modifiche proposte, forse si resterà in Commissione

di Davide Vairani

La Senatrice Cirinnà, non più tardi di mercoledì 7 Ottobre 2015 ha dichiarato: “È noto che, con la calendarizzazione in Aula del mio nuovo ddl sulle unioni civili, scadrà il mio mandato di relatrice in Commissione. Infatti, ho presentato ieri un nuovo disegno di legge, che ripropone il testo base adottato dalla Commissione Giustizia nello scorso marzo e recepisce alcune modifiche suggerite dalle audizioni dei costituzionalisti e dal lavoro di elaborazione degli ultimi mesi. Nell’ordinamento giuridico italiano ci sarà il riconoscimento pieno delle coppie composte da persone dello stesso sesso; questo avverrà attraverso un nuovo istituto giuridico di diritto pubblico, denominato ‘Unione civile’. Come ripeto da mesi, nessun passo indietro sul riconoscimento dei diritti sociali. Stepchild adoption (estensione della responsabilità genitoriale sul figlio del partner) e reversibilità della pensione restano previsti, così com’erano. Cosa cambia, quindi? Non più un registro ad hoc per le unioni civili: le coppie saranno iscritte, più correttamente, nell’archivio dello stato civile; soppressi alcuni rimandi agli articoli del codice civile che regolano il matrimonio: i diritti e i doveri delle coppie unite civilmente sono elencati negli articoli 3 e 4, che si riferiscono alla vita familiare e agli obblighi di mutua assistenza e di contribuzione ai bisogni comuni e ai diritti sociali derivanti dalla condizione di coppia; sono previsti i diritti successori dei coniugi. Le leggi, gli atti aventi forza di legge, i regolamenti e i contratti collettivi, ove si riferiscono al matrimonio e ai coniugi, si applicheranno anche alle parti dell’unione civile. Smentisco anche le voci riportate da alcuni giornali sullo slittamento dei tempi dati al Governo per l’adozione dei decreti legislativi: sei mesi dall’approvazione della legge, e trenta giorni per le disposizioni transitorie necessarie all’adeguamento dell’archivio dello stato civile. Tempi più lunghi sono previsti, come di norma, solo per eventuali decreti integrativi. É comunque fatta salva l’immediata entrata in vigore della legge”.

Dunque tutto è pronto per andare direttamente in Aula del Senato, bypassando la Commissione Giustizia al Senato? Abbiamo chiesto delucidazioni a due parlamentari che seguono da vicino queste vicende: il Sen. Carlo Giovanardi di NCD (componente della Commissione Giustizia al Senato) e al Sen. Lucio Malan di Forza Italia (Questore al Senato).

“Il nuovo ddl del PD sulle unioni civili è una nuova truffa che prelude a un ulteriore sopruso parlamentare” – sostiene subito il Sen. Malan. Lo ribadisce con forza al telefono: “Come il testo in discussione in commissione, non è altro che un matrimonio sotto falso nome, con adozioni e incentivazione dell’utero in affitto. Sarebbe più onesto chiamare ciò che è a tutti gli effetti – un matrimonio – con il suo nome. Ma, evidentemente, c’è qualche ipocrita che ha bisogno di nascondersi sotto qualche foglia di fico”.

Qualcuno sostiene che ci siano invece dei cambiamenti sul tema dell’utero in affitto.

“Ho letto. Si stanno raccontando un mucchio di menzogne da parte di chi non ha alcuna voglia di entrare nel merito dei contenuti. Le adozioni vengono tranquillamente confermate, nonostante la grande maggioranza degli Italiani sia contraria, tentando però di imbrogliare la gente con l’esotico nome di stepchild adoption – due parole che, in realtà, svelano chiaramente il trucco: ‘adoption’ è evidentemente adozione e ‘stepchild’ vuol dire figliastro, cioè figlio del coniuge, a conferma che si tratta di matrimonio. Tradotto, significa che un partner può tranquillamente adottare anche il figlio adottivo dell’altro coniuge, non soltanto il figlio naturale del partner”.

Quindi concretamente nessun cambiamento?

“Il testo ultimo depositato dalla maggioranza l’8 di Ottobre non fa altro che ripetere le medesime cose del primo testo originario di marzo 2015, poi rivisto una seconda volta per depurarlo dei riferimenti all’art. 29 della Costituzione Italiana e aggiungere qualche riferimento alle normative europee; infine, nell’ultima attuale versione, vengono copiati piè pari gli articoli che, nel codice civile, vengono previsti per la celebrazione del matrimonio, sia esso religioso che civile. E qualcuno ancora si inalbera se io, come altri colleghi parlamentari, dico che non si vedono reali differenze tra queste unioni civili e il matrimonio. Quanto all’utero in affitto, nonostante le nostre vane denunce di come venga già oggi promosso in Italia, non è stata introdotta alcuna misura per porre dei limiti. Quest’odioso sfruttamento della povertà, del corpo e della dignità della donna, questo stupro alla meraviglia della maternità, pur formalmente proibito in Italia, viene premiato dando il titolo di padri a due signori che, senza una madre o due da sfruttare, non possono essere padri di niente”.

La Senatrice Cirinnà ha paventato la possibilità di andare direttamente in Aula del Senato bypassando la Commissione perché si fa solo ostruzionismo.

“Guardi. Mi sembra come quando, entrando in un Museo di Arte Moderna, di fronte a quadri astratti incomprensibili tutti debbano per forza dire “che bello!” per non passare come retrogradi. Io stesso, poco fa, ho respinto alcuni emendamenti oggettivamente costruiti per intralciare e fare puro ostruzionismo. In realtà, stiamo parlando di pochi emendamenti, regolarmente depositati e valutati come ammissibili. Quindi non prendano scuse per mascherare la loro volontà di andare diritti verso l’approvazione finale senza avere la pazienza di discutere nel merito”.

È appena terminato l’Ufficio di Presidenza della Commissione Giustizia al Senato e il Senatore Carlo Giovanardi – NCD – ci racconta al telefono gli ultimi aggiornamenti.

“È stato concordato con i capigruppo – racconta il Sen. Giovanardi – la calendarizzazione a lunedì prossimo di una nuova seduta della Commissione Giustizia per affrontare il nuovo testo della relatrice Cirinnà e gli emendamenti che sono stati presentati”.

Allora prosegue il dibattito e il confronto?

“Mi sembra di vivere un paradosso kafkiano. Ho fatto presente che i regolamenti vigenti dicono chiaramente che il nuovo testo sulle Unioni civili deve stare due mesi in commissione Giustizia, dove è stato depositato. Non sono io a dirlo, ma il Regolamento. Ci sono tempi tecnici che servono per nominare un relatore, per presentare la relazione e per fissare il termine degli emendamenti. Qualcuno ha fatto presente che, in casi particolari, il Presidente di Commissione ha la facoltà di ridurre i tempi di discussione”.

Ci spieghi cosa sta accadendo e quali sono gli accordi presi.

“Io e il collega Lucio Malan abbiamo dimostrato ancora una volta la volontà di discutere nel merito delle questioni, senza fare ostruzionismo inutile. Abbiamo, infatti, dichiarato (e lo abbiamo fatto) di ritirare circa l’80% degli emendamenti che erano stati depositati, proprio perché non ci potessero essere alibi. Ne restano ben pochi, che si possono e si devono discutere in Commissione, perché le regole della democrazia parlamentare che l’Italia si è data prevede questo iter. Di fronte a questo fatto nuovo, il PD ha dichiarato che si torna lunedì in seduta di Commissione per continuare la discussione. Vedremo”.

Quindi esclude che ci sarà una forzatura sui tempi e andare direttamente in votazione al Senato?

“Non ne sono sicuro. Per ora c’è l’impegno a proseguire nel dibattito e nel confronto in sede di Commissione. Tecnicamente, significherebbe arrivare, con novembre o dicembre 2015, a chiudere il dibattito e ad andare poi in discussione al Senato. Gli emendamenti sono pochi, ma occorre tenere conto che, nei prossimi mesi, ci sarà la discussione sul Bilancio e, quindi, prima di novembre sarebbe impossibile completare la discussione”.

E, secondo Lei, accetteranno un prolungamento così lungo dei tempi?

“Beh, visto che stiamo parlando di tematiche molto sensibili e delicate, non vedo dove sarebbe il problema. La legge sul fine vita, ad esempio, è rimasta cinque anni in Commissione e, alla fine, non si è fatto nulla”.

Il Comitato ‘Difendiamo i Nostri Figli’ ha dichiarato in un comunicato di essere pronto a scendere in piazza una seconda volta, con una mobilitazione generale, se questo DDL verrà portato in Aula al Senato.

“C’ero il 20 Giugno e ci sarò ancora una volta – dichiara subito il Sen. Carlo Giovanardi. È assolutamente fondamentale che il popolo, le famiglie, le associazioni, chiunque abbia a cuore la dignità della persona continui instancabilmente ad alzare la testa. Noi in Parlamento cerchiamo di fare la nostra parte, ma non è sufficiente”.

“Prima del 20 Giugno, ero onestamente perplesso sul fatto che, in Italia, fosse possibile vedere nascere un popolo compatto che, laicamente, chieda e pretenda il rispetto della vita e della famiglia – racconta il Sen. Lucio Malan. C’ero, in piazza. E da lì ho capito che oggi è possibile che in Italia nasca un movimento popolare capace di tenere vivo il tema della famiglia. Anzi, aggiungo, tutti insieme: famiglie, cittadini, movimenti, gruppi, ciascuno con le proprie specificità e responsabilità, a partire da chi siede in Parlamento, perché la politica viene espressa dal popolo, non il contrario. Dunque ogni parlamentare tragga le proprie conseguenze da ciò che è accaduto il 20 giugno e da ciò che sta accadendo oggi. Occorre insistere e crescere insieme”. “Vede – aggiunge Malan – sotto attacco è la famiglia. Non c’è solo il DDL Cirinnà, ma la legge sull’omofobia (DDL Scalfarotto), che vorrebbe addirittura entrare a gamba tesa sull’educazione dei figli in nome di una finta parità e anti-discriminazione delle persone gay, c’è il DDL Fedeli, ‘La Buona Scuola’ che ha recepito in pieno e sistematizzato l’ingresso ufficiale delle teorie gender nei programmi scolastici. La famiglia è vissuta come un favore allo Stato. Conviene allo Stato, perché fa risparmiare un sacco di soldi grazie al welfare fai da te delle famiglie. Peccato che avere figli oggi in Italia sia assolutamente penalizzante. È ora di cambiare”.

Insistiamo su un punto. E se di dovesse andare subito in Aula?

“L’ho già detto e scritto più volte: non voterò la fiducia al Governo – categorico il Sen. Giovanardi. Punto. Sarebbe un atto gravissimo sul piano politico, che segnerebbe la fine definitiva di questa attuale Maggioranza. Non c’è proposta di legge come questa che abbia la marchiatura piena del Governo, a partire da Renzi. Se il Premier forzerà la mano, si dovrà cercare una Maggioranza inedita in Aula. A lui la responsabilità di chiudere del tutto questa pagina del suo Governo. Io no ci starò”.

Il Sen. Lucio Malan di Forza Italia commenta sbrigativo in questo modo: “Renzi sta giocando una partita a scacchi e non si vuole arrendere al fatto che siamo in una Repubblica parlamentare e non in un premierato. Adesso hanno il problema di uscirne vivi sul DDL Boschi, la riforma del Senato. Servono 161 sì al ddl Boschi per ottenere il via libera in terza lettura a Palazzo Madama e, soprattutto, per tenere in vita l’Esecutivo, che a questa riforma ha deciso di affidare la tenuta della legislatura. Di certo, il pallino ora è in mano alla minoranza del Partito democratico. Sono 28 i dissidenti che hanno firmato gli emendamenti per chiedere l’elezione diretta del Senato. Se tutti compatti voltassero le spalle al Partito in sede di votazione, Renzi potrebbe avere problemi seri a far passare il provvedimento. La decisione di Renzi di fare pressing per saltare l’esame in Commissione non è leggibile solo per risparmiare tempo, ma anche perché già lì i numeri sono a rischio.

L’altra incognita è quella del Nuovo Centrodestra. I parlamentari di Angelino Alfano hanno provato ad alzare la testa: il loro ‘sì’ in cambio di una modifica all’Italicum. L’ex ministro Gaetano Quagliariello ha addirittura già presentato un disegno di legge per prevedere nel nuovo sistema elettorale. Certo, la posizione di Renzi non si muove di un millimetro. Resta da vedere se l’NCD terrà il punto”.

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