Un parere del Consiglio di Stato impone un numero minimo di fedeli (500!) per avere diritto a un ministro di culto

Il parere blocca l’efficacia di leggi dello Stato che hanno funzionato per 80 anni – compreso il regime fascista. Violate la parità fra i cittadini e la libertà religiosa, sancite dalla Costituzione

Interrogazione al Ministro dell’Interno
Premesso che:

la legge 24 giugno 1929, n. 1159, sui “culti ammessi”, non certo particolarmente libertaria, come suggeriscono la data di approvazione e il titolo, e come è dimostrato dal fatto che vari articoli sono già stati dichiarati abrogati dalla Corte costituzionale, stabilisce, all’articolo 3, che le nomine dei ministri dei culti diversi dalla “religione dello Stato” (tale all’epoca era la religione cattolica) devono essere notificate al Ministero dell’interno per l’approvazione, senza prevedere limiti numerici rapportati al numero di fedeli, ma affidando a tale Ministero una discrezionalità che, anche alla luce della Costituzione, approvata due decenni dopo, può essere ritenuta opportuna per evitare che la qualifica di Ministro possa essere usata per fini diversi e pericolosi;

anche il Regio decreto 28 febbraio 1930, n. 289, che dettaglia le diverse prerogative dei ministri di culto, non pone alcun limite numerico;

mai, neppure durante il regime fascista, era stato imposto un numero minimo di fedeli per l’approvazione ministeriale della nomina, anche in considerazione del fatto che, per loro natura, le minoranze religiose sono generalmente disperse sul territorio;

negli ultimi anni, invece, il Ministero dell’interno ha sospeso del tutto l’applicazione della legge citata, in ragione del fatto che un ufficio del Ministero stesso ha richiesto un parere al Consiglio di Stato sull’opportunità di stabilire un numero minimo di fedeli per avere diritto all’approvazione di un ministro di culto;

è un fatto decisamente anomalo bloccare l’efficacia di una importante legge dello Stato, che ha sempre funzionato per ottanta anni, in attesa di un parere di cui non si era mai sentito il bisogno;

dopo molti mesi di attesa, in cui sono restati sospesi i diritti previsti non solo dalla Costituzione, ma persino dalle citate leggi approvate dal passato regime, è giunto il parere del Consiglio di Stato secondo il quale non solo va imposto un numero minimo di fedeli per ottenere l’approvazione ministeriale di un ministro di culto, ma tale limite va fissato in cinquecento, in asserita analogia alla più piccole parrocchie cattoliche con sacerdote residente;

tale limite è del tutto inaccettabile per diversi motivi: rischia di ridurre l’opportuna discrezionalità dell’approvazione in presenza del detto numero di fedeli, anche se – ad esempio – l’aspirante ministro di culto è sospetto di incitamento all’odio e alla discriminazione; parametrare le minoranze religiose ai numeri della confessione che raccoglie la vasta maggioranza degli italiani è irragionevole e manifestamente discriminatorio; confessioni che nella migliore delle ipotesi hanno in Italia un numero di seguaci centinaia di volte inferiore a quello della Chiesa cattolica, li vedono necessariamente dispersi in aree centinaia di volte più ampie e la loro cura necessita di un lavoro assai più grande; anche la Chiesa cattolica ha comunità che comprendono meno di 500 fedeli; il fatto che molte di queste vengano curate da un sacerdote non residente non significa nulla, anche in quanto, in molte confessioni, il ministro di culto svolge un lavoro ordinario e pertanto non può dedicarsi alla sua comunità a tempo pieno, proprio come un sacerdote non residente; particolarmente significativa la situazione della diocesi di Pinerolo, che comprende alcuni Comuni dove i cattolici sono in minoranza, caso unico in Italia, a causa della forte presenza valdese: in quest’area esistono parrocchie in Comuni di poche centinaia di abitanti fra i quali i fedeli cattolici sono minoranza, certamente ben sotto i cinquecento; le confessioni religiose che hanno stipulato intese con lo Stato ai sensi dell’articolo 8 della Costituzione hanno generalmente un numero di fedeli per ministro di culto assai inferiore a cinquecento: l’Unione delle Chiese valdesi e metodiste, la prima a firmare un’intesa, ha oggi poco più di 19.000 membri di chiesa e un centinaio di pastori con la qualifica di ministri di culto, con una media di non più di duecento membri per ministro, media che scende di parecchio se si esclude la piccola area piemontese dove l’antichissima confessione vede concentrata la metà dei suoi fedeli, con l’altra metà dispersa in tutto il resto del Paese,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo intenda dare disposizioni ai propri uffici di attenersi al parere del Consiglio di Stato in merito al numero minimo di fedeli per ottenere l’approvazione di ministri di culto ovvero ritenga di applicare la legge vigente e i principi, oggi in Costituzione, della parità dei diritti fra i cittadini e della libertà religiosa, almeno al livello garantito durante il regime fascista;

quali provvedimenti intenda assumere in merito alla, sia pur temporanea, soppressione del diritto delle confessioni religiose minoritarie al riconoscimento dei ministri di culto, avvenuto negli ultimi anni.

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