Il Senato impegna il Governo a rimborsare le spese dei Comuni per il referendum su voucher e appalti

Nel consueto totale silenzio degli organi di informazione, il 19 aprile 2017, il Senato – con 124 voti a favore, 119 contro e 3 astenuti – ha approvato l’ordine del giorno che riporto qui sotto, con il quale impegna il Governo ad assicurare il rimborso integrale delle spese sostenute dalle amministrazioni comunali in vista del referendum del 28 maggio qualora i quesiti referendari decadessero.

Come chi è Sindaco sa bene, benché sia ormai scontato che i referendum in programma il 28 maggio non si terranno, le spese e gli adempimenti a carico dei Comuni non si sono fermati. Molti senatori, anche della Maggioranza, hanno perciò votato l’ordine del giorno. Ora starà al Governo metterlo in atto. Purtroppo, non si tratta di un obbligo di legge ma di un impegno “politico-morale”.

 

Testo integrale dell’ordine del giorno

G1.115

Approvato

Il Senato,

in sede di esame del disegno di legge A.S. 2784 recante: «Conversione in legge del decreto-legge 17 marzo 2017, n. 25, recante disposizioni urgenti per l’abrogazione delle disposizioni in materia di lavoro accessorio nonché per la modifica delle disposizioni sulla responsabilità solidale in materia di appalti»;

premesso che:

ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 aprile 1976, n. 136, tutte le spese per l’organizzazione tecnica e l’attuazione delle elezioni politiche e dei referendum previsti dai titoli I e Il della legge 25 maggio 1970, n. 352, sono a carico dello Stato nei limiti massimi fissati dal decreto previsto dall’artico- lo 55, comma 8, della legge 27 dicembre 1997, n. 449;

secondo quanto previsto al nono comma del medesimo articolo 17, l’importo massimo delle spese da rimborsare a ciascun comune, fatta eccezione per il trattamento economico dei componenti di seggio, è stabilito con decreto del Ministero dell’interno nei limiti delle assegnazioni di bilancio, secondo distinti parametri per sezione elettorale e per elettore calcolati, rispettivamente, nella misura del 40 per cento e del 60 per cento, sul totale da ripartire, con la maggiorazione del 40 per cento per i comuni fino a 3 sezioni elettorali. Le assegnazioni, cosi disposte, sono vincolanti e non potranno, in nessun caso, essere soggette ad integrazioni;

inoltre il menzionato articolo 55, comma 8, della legge n. 449 del 1997, stabilisce che le amministrazioni preposte all’organizzazione e allo svolgimento delle consultazioni elettorali dovranno comunque razionalizzare i servizi, al fine di realizzare un ulteriore contenimento delle spese rispetto a quelle scaturenti dalla normativa vigente, prevedendo a tal fine la periodica fissazione della misura massima del finanziamento delle spese per lo svolgimento delle consultazioni, ivi comprese le somme da rimborsare ai comuni per l’organizzazione tecnica e l’attuazione delle elezioni i cui oneri, ai sensi della succitata normativa;

tali principi sono ripresi dalla circolare F.L. 10/2016 del Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali del Ministero dell’Interno, recante: «Spese di organizzazione tecnica ed attuazione per il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016», nella quale è ribadito, tra l’altro, che: «nelle more della cennata comunicazione delle somme che saranno assegnate, si raccomanda di ribadire ai Comuni di contenere le spese nei limiti strettamente indispensabili, in quanto le eventuali spese eccedenti le predette assegnazioni resteranno a carico dei Comuni medesimi»;

tuttavia, in occasione del referendum del 4 dicembre scorso, molti Comuni hanno manifestato la loro preoccupazione circa un eventuale taglio dei rimborsi agli enti locali per le spese elettorali, lamentando inoltre mancanze e ritardi nella circolazione delle informazioni;

a seguito delle richieste di chiarimenti da parte dei Sindaci, veicolate dal presidente dell’ANCI Antonio Decaro, il Ministero dell’Interno, in una nota del 3 dicembre 2016, ha ribadito che: «le risorse relative al conguaglio di quanto anticipato dai Comuni per le spese organizzative, in occasione della consultazione referendaria, saranno rese pienamente disponibili a beneficio dei Comuni stessi.»;

considerato che:

in data 1 luglio 2016 la Cgil ha depositato presso la Corte di Cassazione oltre 3 milioni di firme complessive in relazione a tre quesiti referendari relativi a: le modifiche all’articolo 18 sui licenziamenti illegittimi contenute nel decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23; le norme sul lavoro accessorio e le limitazioni introdotte sulla responsabilità solidale in materia di appalti;

successivamente, l’11 gennaio 2017 la Corte Costituzionale ha dato il via libera a due dei tre succitati quesiti, ossia quelli relativi al lavoro accessorio e in materia di responsabilità solidale negli appalti;

sulla scia della decisione della Consulta, il 14 marzo 2017 il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto per l’indizione dei referendum relativi alla abrogazione di disposizioni limitative della responsabilità solidale in materia di appalti e alla abrogazione di disposizioni sul lavoro accessorio, stabilendo che le consultazioni referendarie si svolgeranno domenica 28 maggio 2017;

il provvedimento in esame, presentato alla Camera dei Deputati il 17 marzo, sopprimendo l’istituto del lavoro accessorio dall’ordinamento giuridico e modificando la disciplina sulla responsabilità solidale in materia di appalti, riprende il contenuto dei quesiti referendari;

il 29 marzo l’Ufficio centrale presso la Cassazione «ha deciso all’unanimità di rinviare ogni deliberazione», avendo constatato che il decreto legge in esame ha abolito i voucher. L’Ufficio centrale della Suprema Corte ha il compito di verificare che il dettato della norma, nella sua versione definitiva e quindi dopo la conversione in legge, risponda in toto al quesito referendario, così da accertare che non sia più necessaria la consultazione popolare;

tuttavia, come segnalato ad ANCI Lombardia da un certo numero di Sindaci della Regione, molti Comuni stanno già sostenendo ingenti spese in vista del referendum, portando avanti i necessari adempimenti in un clima di incertezza informativa e di diffusa difficoltà finanziaria dovuta a pregressi tagli ai trasferimenti,

impegna il Governo

ad assicurare il rimborso integrale delle spese sostenute dalle amministrazioni comunali in vista del referendum del 28 maggio qualora i quesiti referendari decadessero.

 

Gli interventi in Aula del senatore Malan sul decreto-legge di abolizione dei voucher

Un Parlamento e un Governo responsabili non dovrebbero incitare – quasi obbligare o istigare – all’uso del “nero” – Con l’abolizione dei voucher, gravi danni a 1,6 milioni di Italiani e i loro datori di lavoro solo per evitare il referendum. Il Governo rimborsi i Comuni per le (inutili) spese che stanno sostenendo

Voucher: invece di limitare, il Governo abolisce. E danneggia 1 milione 600mila Italiani solo per evitare (un’altra) sconfitta referendaria – Dall’abuso dei tre Governi risanatori e il record dei 134 milioni di voucher solo nel 2016, si passa al niente. Tagliando introiti fiscali e previdenziali che i buoni-lavoro, bene o male, garantivano

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