A quando il ripristino dei sei tribunali soppressi con la riforma della geografia giudiziaria, promesso dal programma elettorale PD?
Intervento in Aula in replica alla Relazione del Guardasigilli sull’amministrazione della Giustizia
Una delle prime cose che ha detto è stata che, per i Cittadini e le imprese, la Giustizia «non è la sfera a cui rivolgersi per la tutela dei diritti (…), ma il simbolo di un calvario da tenere il più lontano possibile dalla propria vita» e che a farne le spese «è stato il Paese». Io aggiungo che a farne le spese «è» il Paese.
Voglio intanto ringraziare il Ministro Orlando per la sua ampia esposizione e, in generale, per la sua disponibilità a un colloquio con il Senato, anche in Commissione, dove è stato molto presente. Detto questo, osservo che questa, finora non lunga, legislatura non è cominciata nel modo migliore per quanto riguarda la Giustizia perché, quando si era stabilito quali argomenti si sarebbero dovuti affrontare in una riforma costituzionale – che, nella prima parte della legislatura, si immaginava fosse di carattere ampio – la riforma della Giustizia ne fu esclusa nonostante la nostra richiesta – e davvero non se ne comprende il motivo. Lei stesso, signor Ministro, non è stato certo avaro nella denuncia di situazioni che rendono la nostra Giustizia tra i più importanti malati da curare e tra i settori in cui vanno apportati i più importanti cambiamenti, perché la Giustizia non riguarda solo i magistrati, gli avvocati e magari i delinquenti, ma riguarda tutti.
Il fatto che in Italia ci sia una Giustizia che dà problemi è una delle ragioni – non certamente l’unica perché, purtroppo, ce ne sono altre, anche molto importanti – che tiene lontani gli investimenti dall’Italia, ovvero che fa scappare i capitali – quelli che ancora ci sono – dall’Italia verso altri Paesi. È infatti difficile pensare di fare impresa in un Paese in cui, se si subisce un torto, non si sa quando si avrà giustizia; ma soprattutto non si sa come andrà a finire, sebbene il proprio caso sia identico ad altri che sono già stati giudicati, visto che un tribunale giudica in un modo e un altro giudica in modo del tutto opposto.
Pensiamo alla riforma dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che, comunque, in qualche modo, è stato toccato. In molti abbiamo detto che lo si è fatto in modo non sufficiente e un po’ vago, ma di certo c’è stato l’intendimento del Governo di ridurre l’intervento della Magistratura e della Giustizia nel senso di reintegrare il lavoratore. Questa è in sé un’ammissione del fatto che la Giustizia, in alcuni casi, è inaffidabile; perché, se ci si potesse fidare del giudizio che si ha nei tribunali, io per primo direi che andava bene la vecchia versione dell’articolo 18; perché, se un lavoratore effettivamente è stato mandato via senza giustificato motivo e senza che ce ne fossero le premesse sufficienti, egli dovrebbe essere reintegrato. Il solo fatto di ammettere che va ridotta l’area in cui avviene il reintegro è un’ammissione del fatto che, al di là dei tempi, la Giustizia è anche inaffidabile in ciò che dice. Questo è ancora più grave, perché si rischia di aspettare per anni e anni e poi vedersi dar torto, quando un caso del tutto identico, se non per i nomi dei protagonisti, è stato giudicato in modo opposto.
Purtroppo, direi che, in questo senso, sono aumentati gli elementi di incertezza, di fronte ad alcuni magistrati che fanno un uso estremamente creativo della loro altissima e nobilissima funzione. Abbiamo ascoltato proprio in questi giorni, in occasione di alcune audizioni in Commissione Giustizia, alcuni magistrati che giustificano una loro sentenza dicendo che era il momento di “dare una spallata” e altri magistrati che teorizzano esplicitamente, anche per iscritto, che in certi casi la Giustizia deve andare anche al di là della legge perché ci sono certe questioni che assolutamente vanno risolte. Ho ricordato che l’articolo 101 della Costituzione dice che i magistrati sono soggetti soltanto alla legge: si sottolinea sempre la parola «soltanto», nel senso che essi non devono essere sottoposti all’ Esecutivo – come tra l’altro accade in Francia, che non è certamente un Paese privo della democrazia e dello Stato di diritto. In Francia i magistrati sono subordinati all’Esecutivo, ma comunque in Italia non lo devono essere. Ho ricordato che esiste anche il resto della frase, è cioè che i magistrati sono soggetti alla legge, e di fronte a magistrati che giustificano le loro sentenze dicendo: “volevamo dare una spallata”, quale è la serenità di qualunque persona che vive in Italia o che viene da fuori Italia nel nostro Paese? Cosa può pensare quella persona: applicherà la legge o vorrà “dare una spallata” in nome nobilissimi (naturalmente) ideali? Certo, perché i propri ideali sono sempre nobilissimi, mentre quelli degli altri assai meno; quindi, in nome di nobilissimi ideali vogliono “dare spallate “in questa o quella direzione. Come si fa a fare impresa in questo Paese? Infatti, ahimè, lo so: si fa sempre di meno; certamente, non solo per i problemi della Giustizia, lo sappiamo bene, ma le aziende chiudono, si trasferiscono, i capitali si trasferiscono all’estero.
Pensiamo anche a norme di cui si è parlato e di cui lei stesso, Ministro, ha parlato nella sua relazione: il falso in bilancio. Siamo tutti d’accordo che, quando il falso in bilancio ha il risultato di danneggiare soci dell’azienda, azionisti, il pubblico interesse, di frodare il fisco, va perseguito; ma se, invece, si persegue il falso in bilancio nel senso di un bilancio che è stato stilato in maniera tale per cui il perito scelto dal giudice non lo approva per questioni tecniche – e sappiamo che anche su questo l’opinabilità è vasta – ciò vuol dire incoraggiare altro: il bilancio fatelo come vi pare ma fatelo fuori dall’Italia, così non avrete più problemi. Il rischio di questa lotta alla corruzione e all’evasione fiscale (tutte cose sacrosante) è che si risolva nel fatto che non ci sia più evasione fiscale perché non c’è più attività economica: “no attività economica, no imponibile, no tasse”; ma noi vorremmo risolverla nel senso che ci sia un Fisco amico, giusto, una Giustizia che funzioni, che sappia davvero essere al di sopra delle parti.
Abbiamo difficoltà persino quando riceviamo una multa ingiusta – perché conosciamo i sistemi automatici: questa è una realtà quotidiana che i cittadini si trovano a dover affrontare. Prima è stato detto che oggi si divorzia con un pagamento di 16 euro; non so se sia esattamente così ma, comunque, credo che grosso modo sia questo. Ebbene, per fare ricorso contro una multa ingiusta da 50 euro – che, per chi ha un reddito medio, è una grossa cifra – bisogna versarne 83. Sappiamo che questa non è una responsabilità Sua, Ministro, ma, certo, questa situazione continua.
Sono situazioni di grave squilibrio. Mi permetto di sottolineare due punti nello specifico. Il primo è che domani presenterò un’interrogazione sul fatto che, nell’ambito di questa incertezza del diritto, in questi giorni in cui si fa un gran parlare della libertà di satira e così via, un sito internet si è visto sequestrare la sua pagina principale perché conteneva espressioni di eccessiva ironia verso l’associazione LGBT. Ebbene, questo è un problema: cosa sarebbe successo se un magistrato avesse sequestrato una pagina di «Charlie Hebdo» perché non dava una descrizione sufficientemente corretta del pensiero di qualche ulema o di qualche imam islamico? Credo ci sarebbe stata una sollevazione.
Infine, Ministro, Le chiedo: nel programma con cui Lei stesso è stato eletto in Parlamento – non Lei in quanto Ministro, visto che per i Ministri non è prevista l’elezione diretta – c’era scritto che, per supplire ai gravi errori fatti nell’attuazione della legge delega sulla geografia giudiziaria, occorreva escludere comunque dall’elenco degli uffici da sopprimere quelli di Pinerolo, Bassano Del Grappa, Chiavari, Lucera, Rossano Calabro e Urbino. Fatto salvo Urbino, come mai non avete attuato questo punto del vostro programma? Come mai, di fronte a emendamenti presentati dal sottoscritto e da altri, il Governo ha dato parere contrario?