“E’ agghiacciante il modo in cui Fassino tratta, a 40 anni dalla morte, <<la lezione di Togliatti>>. Due parole di condanna sulla <<diffidenza verso Krusciov e la destalinizzazione, e l’atteggiamento sull’Ungheria>> e solo perché incalzato dall’intervistatore, e poi via con un bel panegirico perché ‘il Migliore’, bontà sua, non ha fatto come in Grecia – cioè non ha scatenato la guerra civile.
Sull’Ungheria altro che <<atteggiamento>>: Togliatti era presente e consenziente alla riunione del 1937 in cui fu arrestato Bela Kun, poi giustiziato – la cui colpa era la complicità con chi criticava le esecuzioni in massa di quegli anni – e nel 1956 votò la condanna a morte di Imre Nagy.
È incredibile poi che Fassino parli di <<diffidenza verso la destalinizzazione>>: Togliatti era, in seno al Comintern, uno dei più fedeli esecutori delle epurazioni decise da Stalin, ad esempio nei confronti dei dissidenti spagnoli e persino dei comunisti italiani in Russia. ‘Il Migliore’ non era estraneo neppure alla somma vergogna della consegna agli aguzzini di Hitler dei dissidenti tedeschi rifugiatisi in Unione Sovietica. Quanto all’Italia, ricordiamo il tentativo di consegnare Trieste e Gorizia a Tito e il ruolo molto oscuro del PCI nei confronti di Antonio Gramsci, che non si era piegato né a Stalin né a Mussolini.
Proprio un bell’esempio da cui trarre <<lezioni>>, sia pure di sostanza e non di metodo. Ha un bel coraggio Fassino ad accomunare questo personaggio a De Gasperi, Saragat e La Malfa”.