Ancora una volta l’Italia ha votato all’Onu una serie di risoluzioni contro Israele, e in particolare una che cancella l’identità e le radici ebraiche dal Monte del Tempio di Gerusalemme. Questo implica anche la cancellazione della identità cristiana di questo sito, frequentato da Gesù e dai suoi discepoli, non certo per rendere omaggio al Haram al-Sharif, il complesso islamico sorto secoli dopo, in seguito alla distruzione del Tempio per ordine dell’imperatore Tito. Invece la risoluzione 4/75/L.14 designa il luogo soltanto con quel nome, comne lamentano anche i Comites di Tel Aviv. Il Monte del Tempio è da tremila anni il centro del pensiero e della religione ebraica. È il luogo verso il quale gli Ebrei da millenni si rivolgono per la preghiera. Qui Gesù di Nazareth venne più e più volte durante la sua vita, incluso nella settimana della sua crocifissione. Persino gli antichi romani che distrussero il Tempio, riconoscevano l’ebraicità del luogo consentendo una volta l’anno agli ebrei l’accesso al cosiddetto Muro del Pianto, una struttura di sostegno del Tempio. Designarlo unicamente con il suo nome islamico è negare l’identità ebraica. Importanti intellettuali israeliani ed ebrei, esponenti cristiani evangelici, hanno detto che è peggio della negazione della Shoah, perché mette in questione le radici stesse dell’ebraismo. E l’ebraismo è la radice del cristianesimo. A dicembre la stessa risoluzione verrà messa ai voti nell’Assemblea plenaria delle Nazioni Unite. L’Italia può ancora rimediare a questo gravissimo errore. Per questo il ministro Di Maio deve riferire con urgenza al Senato su questo voto: dal 19 dicembre 2019 giace senza risposta la mia interrogazione su un voto analogo espresso l’anno scorso dall’Italia, in violazione del Regolamento del Senato che impone al Governo di rispondere entro venti giorni.