Sull’attività dei Servizi Sociali di Faenza. Interrogazione al Ministro

Al Ministro della giustizia. –

Premesso che, per quanto risulta agli interroganti:

nel settembre 2016, il Tribunale per i minori di Bologna ha avallato, senza istruttoria, basandosi esclusivamente su una relazione tardivamente pervenuta dai servizi sociali di Faenza, un allontanamento operato nel mese di aprile 2016, di 3 minori effettuato ai sensi dell’art. 403 del codice civile;

l’allontanamento, programmato in precedenza, era stato effettuato dai servizi sociali di Faenza, che avevano prelevato i minori e li avevano collocati, senza un provvedimento del Tribunale, in due diverse famiglie;

ad oggi, a distanza di 6 anni, i minori vivono presso le due famiglie “affidatarie”, in quanto il Tribunale per i minorenni di Bologna ha mantenuto pendente il procedimento fino a luglio 2021, in una fase “istruttoria”, continuando a delegare per le valutazioni del caso il suddetto servizio sociale che, negli anni, non ha fatto altro che mantenere cristallizzato l’affido eterofamiliare in quanto sarebbe stata la soluzione migliore per i minori;

a nulla è valsa l’adesione della madre a richieste di consulenza psicologica del servizio sociale, in quanto mai le relazioni sono state depositate al Tribunale e mai il servizio sociale ha assunto iniziative diverse dall’organizzazione di sporadici e centellinati incontri di qualche ora al mese tra madre e figli alla presenza di uno o due educatori; solo a seguito delle numerose istanze avanzate dall’avvocato difensore della madre, volte a scongiurare che la situazione di affido perdurasse senza alcun limite temporale o a incentivare un progressivo ampliamento della frequentazione tra madre e figli, il Tribunale per i minorenni di Bologna, nel marzo 2020, ha disposto una consulenza psicodiagnostica d’ufficio;

la consulenza tecnica d’ufficio, anziché chiudersi con il deposito di una relazione, ha proseguito in una sorta di “monitoraggio” del rapporto tra madre e minori senza la presenza dello psichiatra consulente di parte della madre e ciò con la totale inerzia del tutore dei minori (che, al pari del servizio sociale ha condiviso il mantenimento dell’affido eterofamiliare al fine di garantire la “stabilità” raggiunta negli anni dai minori e la loro affettività con la famiglia affidataria), e l’esito positivo rispetto al ricongiungimento tra i minori e la madre veniva espresso solo verbalmente;

il 25 settembre 2020 il consulente d’ufficio ha chiesto al Tribunale una proroga di 60 giorni del termine per il deposito della relazione definitiva, fino al 30 novembre 2020 e il Tribunale ha autorizzato; la stessa CTU, in data 10 ottobre 2020, ha inviato un’e-mail al consulente della madre e del tutore dei minori, con cui si scusava del ritardo causato dal proprio trasloco; successivamente comunicava al consulente della madre di aver ottenuto un’autorizzazione (non presente nel fascicolo, per cui evidentemente in modo ufficioso) per un’ulteriore proroga fino a giugno 2021 per il deposito della consulenza;

il Tribunale, nonostante le eccezioni del legale della madre a tale riguardo, senza fissare un’udienza interlocutoria, ha autorizzato l’ulteriore richiesta di proroga sostenendo che essa sarebbe stata finalizzata, si legge testualmente “al recupero della relazione madre-figli e non pare in contrasto con gli interessi della madre che le operazioni peritali non si svolgano in contraddittorio”;

di fatto la CTU non solo ha delegato il monitoraggio al servizio sociale, ma non ha ritenuto di condividere alcunché con il consulente di parte della madre e ha depositato la relazione il 7 giugno 2021, 15 mesi dopo l’incarico, in cui clamorosamente parlava di rapporto simbiotico tra madre ed una delle figlie, benché questa sia fino ad oggi cresciuta in un’altra famiglia incontrando la madre per qualche ora al mese;

il 12 luglio 2021, a fronte dell’ennesima istanza del difensore della madre per l’immediato rientro dei minori ormai ultradodicenni, come da loro richiesto più volte in tutte le sedi, non ravvisando, nemmeno dalla lettura della consulenza tecnica d’ufficio, alcun ostacolo a che il mancato rientro dei minori fosse giustificabile, il Tribunale ha emesso un provvedimento, poi impugnato avanti alla Corte d’appello, solo formalmente “provvisorio ed urgente”; in particolare, pur dando delle indicazioni relative ad una maggiore frequentazione tra madre e minori, ha lasciato ogni cosa all’arbitrio del servizio sociale, a dispetto della volontà dei minori, in particolare delle due sorelline I. e M.S., che hanno manifestato disagio e sofferenza a rimanere presso la famiglia affidataria dove a tutt’oggi non si sono ambientate;

la madre dei minori ad oggi convive con un compagno, valutato positivamente dalla stessa consulenza tecnica, ha una casa di proprietà, un lavoro ed un’altra figlia piccola nata da un precedente matrimonio;

tutte le relazioni psicodiagnostiche depositate attestano che la madre si trova in una situazione psicologica di assoluta normalità e buon compenso; tuttavia, anche secondo la Corte d’appello che ha recentemente rigettato il reclamo depositato dalla madre, si afferma che la pervicacia e l’ostinazione dimostrata dalla stessa per riavere i figli con sé è stata valutata dall’autorità giudiziaria come una fantomatica proiezione della propria infanzia ed una volontà di riscattare sé stessa dandosi una seconda chance e non per un’autentica sintonizzazione sui bisogni dei propri figli;

gli interroganti ritengono che sia stato violato l’art. 1 della legge n. 184 del 1983 e successive modifiche, che stabilisce il diritto del minore a vivere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia e il dovere dello Stato e di tutti i soggetti istituzionali ed associativi di prevenire l’abbandono;

ritengono che sia stato violato l’articolo 4 della stessa legge, che pone il limite di 24 mesi per l’affido, prorogabile solo per prevenire un pregiudizio per il minore;

ancora, ritengono che sia stato violato l’articolo 403 del codice civile che, in un’interpretazione costituzionalmente orientata, riserva alla pubblica autorità e quindi al servizio sociale un potere di allontanamento, ma solo nei casi in cui sussiste un’urgenza, mentre il servizio sociale nel caso di specie aveva già programmato l’inserimento dei minori in famiglie individuate prima di operare l’allontanamento;

ritengono che siano state violate le linee guida nazionali del consiglio dell’ordine degli assistenti sociali che prevendono l’affido eterofamiliare quale extrema ratio e obbligano i servizi ad effettuare dei progetti volti al reinserimento del minore nel più breve tempo possibile nella famiglia biologica;

infine, ritengono che siano stati violati gli artt. 29 e 30 della Costituzione e l’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, oltre all’art. 9 della Convenzione di New York per i diritti del fanciullo e l’art. 337-ter del codice civile, tutte norme volte a garantire la continuità affettiva tra il figlio ed i genitori biologici ed il suo mantenimento in seno alla propria famiglia e la non ingerenza dello Stato nella vita familiare;

gli interroganti si chiedono anche quanti siano i reclami avverso i decreti del Tribunale per i minorenni accolti dalla Corte d’appello bolognese,

si chiede di sapere se il Ministro intenda esercitare il suo potere di ispezione o prendere iniziative sulla vicenda.

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