Adeguamento delle strutture ospedaliere all’attività intramuraria allargata: sarebbe opportuno, anche per una certezza del diritto, stabilire un termine che non sia completamente impossibile rispettare

Intervento in Aula per la presentazione dell’emendamento 1.800 al decreto-legge proroga termini

Signor Presidente,

l’emendamento 1.800 interviene sul decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, più volte modificato e l’ultima volta modificato con il decreto cosiddetto Bersani del luglio scorso. Si tratta di questo: i medici che esercitano negli ospedali pubblici possono, in alternativa allo svolgimento di un’attività a tutti gli effetti esterna rispetto all’ospedale, svolgere un’attività di carattere libero professionale ma all’interno dell’ospedale stesso; all’interno da un punto di vista, in teoria, anche fisico, cioè intramurario – cosiddetto intramoenia.

Tuttavia, poiché gli ospedali hanno già difficoltà notevoli a garantire un’assistenza adeguata e strutture adeguate e, in molti casi, non riescono neppure a garantire strutture adeguate per l’attività a tutti gli effetti pubblica, da diversi anni sono state adottate proroghe e si è data la facoltà a quei medici di esercitare anche al di fuori delle strutture ospedaliere, ma – diremo così – per conto dello stesso ospedale dal quale dipendono.

All’ospedale va una percentuale anche rilevante di quanto i medici incassano. Questi, non avendo una partita IVA, non possono detrarre le spese. Grazie al fatto che questi medici possono esercitare al di fuori dell’ospedale pubblico, abbiamo due conseguenze pratiche: l’ospedale non deve spendere soldi per realizzare le strutture nelle quali i medici fanno visite ulteriori rispetto al loro normale lavoro ospedaliero, che invece vengono mantenute a spese dei medici stessi o di altre strutture, e l’ospedale incassa del denaro dall’attività intramuraria allargata.

Francamente, non vedo ragione per impedire il proseguimento di questo tipo di attività. Tuttavia, il decreto cosiddetto Bersani ha stabilito che, entro e non oltre il 31 luglio 2007, tutte le strutture ospedaliere dovranno adeguarsi in modo da consentire ai medici di esercitare questa attività – che, lo ricordo ancora, non ha alcuna influenza, né positiva né negativa, rispetto a quella ospedaliera e ai relativi orari. Ripeto: ha stabilito che entro il 31 luglio 2007 tutti gli ospedali dovranno adeguare la loro struttura per consentire lo svolgimento di questa attività. In Commissione Sanità sono state fatte numerose audizioni. Tutte le persone audite hanno concordato nel dire che è impossibile che entro il 31 luglio di quest’anno si completino questi adeguamenti. Anche i più ottimisti ritengono che, per questa data, sia assolutamente impensabile giungere a tale adeguamento delle strutture.

Riterrei più giusto che le strutture sanitarie pubbliche investissero le risorse finanziarie di cui dispongono, che per loro natura sono limitate, nel migliorare le strutture che necessariamente debbono essere impiegate per l’attività normale di cura all’interno dell’ospedale, e che i medici che lo desiderino potessero continuare a esercitare l’attività all’esterno senza gravare di spese l’ospedale.

Supponendo che ci debba essere questa necessità di arrivare, prima o poi, a svolgere questa attività tutta all’interno degli ospedali, sarebbe opportuno, anche per una certezza del diritto, stabilire un termine che non sia completamente impossibile rispettare. Io ho proposto quello del 31 dicembre 2010, lasciando ad altra sede la discussione sull’opportunità in assoluto di arrivare a questa limitazione.

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