Intervento in Aula, alla vigilia del Consiglio europeo (Bruxelles 20-21 marzo), nella discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio
Signor Presidente, Signor Presidente del Consiglio,
domani, al primo punto all’ordine del giorno del Consiglio europeo, ci sarà il tema della competitività. Intanto, condividiamo il suo intendimento di lasciar fare a noi quel che serve, anche perché non possiamo attribuire ad altri responsabilità che sono nostre. Quanto alla riforma del mercato del lavoro, Lei avrà sicuramente il nostro appoggio, anche perché la grande riforma è stata fatta proprio dal Governo Berlusconi. Semmai si sono fatti grossi passi indietro con la riforma Fornero, che certamente non abbiamo voluto – anche se la maggior parte di noi è stata costretta a votare per la situazione dell’epoca.
Ma non ci sono solo le questioni nazionali. Visto che domani c’è il Consiglio europeo, mi sarei aspettato qualcosa sulla politica economica generale europea, magari con riferimento al fatto che, ad esempio, oggi, a causa della politica della Banca Centrale Europea, un euro vale 1,40 dollari – quasi il doppio di dieci anni fa. Poco dopo l’entrata in vigore dell’euro, infatti, con un euro si compravano appena 70 centesimi di dollaro, mentre ora siamo a 1,40.
Da questo punto di vista, è raddoppiata la competitività degli Stati Uniti d’America e di tutti coloro che sono in qualche modo a loro legati rispetto all’Europa intera. Infatti, non può certo essere un caso che, anche quest’anno, gli Stati Uniti d’America abbiano un tasso di crescita positivo – quando parecchi Paesi europei, purtroppo incluso il nostro, hanno un tasso negativo – e superiore a tutti i numerosi Paesi dell’Unione europea (fatta eccezione per i tre Paesi baltici che, però, non hanno le dimensioni per cui potranno fungere da locomotiva per l’Europa). Queste sono cose che riguardano la politica internazionale. Non le possiamo fare qui. Non le possiamo fare abolendo le elezioni per il Senato e per le Province.
A questo, poi, si aggiunge una politica bancaria europea per cui, a causa delle decisioni prese dall’Autorità bancaria europea, le nostre banche sono state svantaggiate rispetto, guarda caso, a quelle tedesche e francesi che, avendo avuto l’imprudenza di indebitarsi parecchio e di caricarsi di tantissimi titoli greci, avevano bisogno di essere salvate. Per cui l’Italia ha dovuto tirar fuori dei soldi veri, non sulla carta, per salvare almeno in parte il debito della Grecia – e cioè le banche tedesche e francesi. Queste sono cose che andrebbero dette. La competitività non dipende solo da noi, e il Consiglio europeo è la sede per parlarne.
Il secondo punto importante – insieme alla crisi ucraina, di cui si dibatterà domani – riguarderà il clima e l’energia. L’Unione europea ha deciso rapidamente che a noi europei non interessa lo shale oil, ossia il petrolio di scisto – che, però, permetterà tra qualche anno agli Stati Uniti di tornare a essere Paese esportatore di petrolio (lo è già invece per il gas grazie allo shale gas). Questa è la ragione per cui al di là dell’Atlantico, persino in mercati ormai globalizzati, il petrolio costa di meno che al di qua dell’Atlantico, ed è una delle ragioni per cui la nostra dipendenza energetica è addirittura aumentata.
Rispetto a questo, le belle cose della politica sul clima, questa adesione acritica alla teoria del riscaldamento globale causato dall’uomo, credo abbiano il loro peso; così come hanno avuto il loro peso certi referendum sulla politica energetica del nostro Paese, che il nostro partito sicuramente non ha voluto e non ha sostenuto mentre, invece, quello a cui Lei appartiene e apparteneva, Signor Presidente Renzi, ha ampiamente sostenuto, privando l’Italia di un’ulteriore possibilità di essere competitiva. La Germania ha detto che poi, un giorno – tra dieci, quindici, vent’anni – chiuderà delle centrali nucleari, però, intanto, oggi le usa e le aziende tedesche hanno questo vantaggio competitivo.
Ricordi che il Senato per due volte ha approvato mozioni che mettevano in guardia contro il pericolo dell’uso della questione del riscaldamento climatico per danneggiare la competitività del nostro Paese, del nostro Continente in generale, anche perché questo riscaldamento inarrestabile è da quindici anni che non va avanti, è da quindici anni non c’è un aumento della temperatura globale (nel Sud del pianeta non c’è mai stato), per cui spendere miliardi e miliardi del contribuente per queste questioni non è una misura così prudente.
Concludo, Presidente Renzi, chiedendole sommessamente un favore: capisco che lo dicono tutti e quindi è normale che lo dica anche Lei, ma non dica «andiamo in Europa». Io mi sento in Europa anche qui. Quando andrà a Bruxelles andrà nelle sedi europee, ma Lei è già in Europa, anche questa sera.