Interrogazione a Conte: sapeva che il decreto da lui firmato ha depenalizzato la posizione del “suocero”?

Al Presidente del Consiglio dei Ministri

Premesso che il Governo ha adottato sotto la propria responsabilità, in quanto ha ritenuto contenesse norme di straordinaria necessità e urgenza, il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, denominato nella comunicazione “decreto rilancio”;

in sede di conversione in legge, il Governo ha posto la questione di fiducia nell’altro ramo del Parlamento il 7 luglio, impedendo l’esame in assemblea dei numerosi emendamenti, tra i quali  due soppressivi dei commi 3 e 4 dell’articolo 180 e altri due che ne attenuavano gli effetti di sanatoria, già bocciati in Commissione conformemente al parere del Governo; il provvedimento è quindi giunto al Senato a ridosso della scadenza, impedendo di fatto qualsiasi possibilità di modifica, comunque resa impossibile in Assemblea, dove il 15 luglio il Governo ha posto la questione di fiducia, escludendo dal voto i diversi emendamenti soppressivi e modificativi dei due citati commi;

per sapere:

se era informato del fatto che nel decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, firmato dal presidente del consiglio dei ministri e dal ministro dell’economia, l’articolo 180, commi 3 e 4, cancella per l’albergatore il ruolo di agente contabile per la riscossione della tassa di soggiorno, con l’effetto, anche retroattivo, che per gli albergatori che non avessero versato ai rispettivi comuni la tassa di soggiorno fatta pagare ai clienti non è più ipotizzabile il peculato, punibile ai sensi dell’articolo 314 del codice penale con la reclusione da quattro anni a dieci anni e sei mesi, ma la semplice evasione fiscale, punita con una sanzione amministrativa;

se era informato del fatto che il padre della sua compagna è stato accusato di non aver versato per anni al Comune di Roma Capitale le tasse di soggiorno fatte pagare ai clienti dell’Hotel Plaza di cui è gestore, per un totale che ammonterebbe a 2 milioni 47 mila 677 euro.

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