Signor Presidente, colleghi senatori, come già abbiamo fatto in Commissione, voteremo contro questo disegno di legge per diverse ragioni. Innanzitutto, una legge elettorale come questa cambia la natura del voto, perché la proporzione non è tutto: una cosa è una parte proporzionale, per esempio, del voto Regione per Regione, dove gli eletti sono una quindicina; un’altra cosa è una parte proporzionale dove gli eletti sono uno, due o tre. Non è più un sistema proporzionale, evidentemente. Se c’è un solo seggio che viene assegnato col criterio proporzionale, in realtà diventa un maggioritario; cambia la natura. Non è neutro cambiare i numeri.
Se si trattasse di cambiare i numeri da 900 a 800, è chiaro che i numeri sarebbero sempre abbastanza grandi, per cui non cambierebbe particolarmente la natura. Ad esempio, nella Costituzione vigente il minimo prevede sette senatori per ogni Regione (con l’eccezione del Molise e della Valle d’Aosta), mentre con la nuova legge si scende a tre, e di questi una parte sono collegi uninominali: è evidente che cambia moltissimo la natura. Da una parte vi sono dei collegi uninominali, che però in alcuni casi coincidono con la Regione intera: di conseguenza, è un’altra cosa. Può essere anche essere giusto, si può anche fare. Il collega della Lega che mi ha preceduto ha parlato degli Stati Uniti; certo, in quel Paese ci sono proporzioni di questo genere, ma c’è un piccolo dettaglio, cioè che sono uno Stato federale che ha 50 Parlamenti, 49 dei quali sono bicamerali: non possiamo prendere un numero che riguarda un ordinamento federale composto da 50 Stati più il distretto della Capitale e poi rapportarlo all’Italia. Gli Stati Uniti hanno una legge elettorale completamente diversa dalla nostra, è sicuramente un sistema elettorale nobile e assestato, ma non si può fare il paragone con il nostro. Avremmo dei collegi uninominali che dovrebbero essere quelli che determinano la rappresentanza territoriale, cioè il radicamento, il contatto con gli elettori, che però diventano immensi, senza avere i mezzi che hanno i nostri colleghi americani per mantenere i contatti, che per i loro uffici hanno dotazioni decine di volte superiori alle nostre. Non so quindi come si pensi di mantenere contatti diretti in collegi di milioni di abitanti e con centinaia di Comuni. Avremmo poi una cosiddetta parte proporzionale, che però, come ho detto, non è più tale: quando si i numeri sono così bassi che proporzione c’è? Se c’è un seggio, dove sta la proporzionalità?
Pertanto cambia la natura della legge e quando si affronta una nuova legge elettorale, come abbiamo sentito dire tante volte anche dalla maggioranza strettamente governativa che sta approvando il presente disegno di legge quando era all’opposizione bisogna coinvolgere le minoranze. Noi questo lo abbiamo detto sia quando eravamo in maggioranza sia quando eravamo all’opposizione; qualcuno invece, adesso che va in maggioranza, si dimentica questo elemento.
Quanto a radicamento territoriale, noi comprendiamo i colleghi del MoVimento 5 Stelle per i quali il radicamento territoriale consiste nel votare come decide la misteriosa piattaforma Rousseau. Devo dire che mai nome più fu più azzeccato nell’intitolare una cosa così importante, che sostanzialmente controlla l’intero partito del MoVimento 5 Stelle, al noto pedagogo che spiegò al mondo come educare i figli e i suoi li mandò all’orfanotrofio, al noto pensatore dell’assetto dello Stato che riteneva che ciascuno dovesse adeguarsi alla volontà generale. Il problema, come abbiamo visto in tutte le dittature che, ispirandosi più o meno consapevolmente a Rousseau, sono state attuate in seguito, è stabilire chi determina la volontà generale (Applausi dal Gruppo FI-BP). Così nacque la dittatura del proletariato, dove il capo del partito comunista diceva di rappresentare il proletariato e dunque di aver diritto di essere dittatore; un altro pensava di rappresentare la razza, un altro la Nazione, un altro una certa classe, per cui ne abbiamo avuto questa applicazione. Mi meraviglio di più dei colleghi della Lega, che del radicamento territoriale hanno sempre fatto uno dei punti qualificanti della loro linea, del loro modo di rapportarsi agli elettori, che è cosa ancora diversa dalla linea politica.
Abbiamo poi un altro problema, con questo mutamento di natura, che riguarda soprattutto il Senato per evidenti questioni, non soltanto di numeri, perché il Senato resta con la metà dei seggi della Camera. La riduzione dei seggi viene fatta esclusivamente per scrivere tweet e post su Facebook e ricevere like e, quindi, bisogna avere numeri tondi per Camera e Senato. Tuttavia, una cosa sono 400 deputati, altra cosa 200 senatori. I numeri sono più piccoli.
Inoltre, restando immutata la base regionale per il Senato, l’effetto proporzionale non è come alla Camera, dove da 600 si scende a 400 deputati. Per la Camera, l’aspetto proporzionale è mantenuto comunque a livello nazionale, nel senso che un voto dato anche in una Regione piccola non riesce forse a determinare l’attribuzione del seggio a uno dei partiti che non sono tra i più grandi della Regione stessa, ma può determinare un seggio in un’altra Regione. Al Senato invece, dove c’è la base regionale, come stabilito dalla Costituzione, questo non avviene più, con la conseguenza che, pur potendo andare bene un sistema o l’altro, i due sistemi insieme determineranno una disomogeneità tra Camera e Senato, che è uno dei problemi emersi nelle varie discussioni svolte sulle leggi elettorali.
L’attuale legge elettorale – il cosiddetto Rosatellum – è stata adottata anche perché la legge elettorale che era in vigore, determinata da sentenze della Corte costituzionale e non da un lavoro fatto in Parlamento, creava una fortissima disomogeneità tra la Camera e il Senato, con il grosso pericolo di maggioranze disomogenee.
Ci sono poi altri problemi tecnici, su cui, non essendo stata coinvolta l’opposizione, non è stato possibile esprimersi, ma che comunque emergeranno nella pratica e su cui adesso non mi voglio pronunciare.
Noi abbiamo votato a favore della riduzione del numero dei parlamentari, pur ritenendo che anche questa potesse essere fatta in modo più sensato e modulato, non dico inferiore rispetto ai numeri, anche se questi ci rendono il Paese con il minor rapporto tra parlamentari e popolazione di tutta Europa, creando un maggior distacco fra gli eletti e gli elettori. Distacco che forse è proprio quello che qualcuno vuole, di modo che ci siano solo i proprietari o i gestori dei grandi mezzi di comunicazione (sia quelli tradizionali, sia quelli cosiddetti moderni, ossia i social media). (Applausi dal Gruppo FI-BP). Noi non riteniamo, però, di poter accettare una legge elettorale imposta per ragioni di like e di numeri sui social media, senza un reale coinvolgimento dell’opposizione e con risultati tecnicamente problematici e tali da creare disomogeneità tra Camera e Senato. Noi riteniamo che il Parlamento debba anzitutto funzionare per rappresentare i cittadini e fungere da adeguato contrappeso e controllo nei confronti del Governo. Questa è la funzione del Senato in tutte le democrazie e noi alla democrazia teniamo e continueremo a difenderla in Italia e all’estero. (Applausi dal Gruppo FI-BP).