“Oggi Romano Prodi si è definito <<fanatico della par condicio>>, intendendo per tale la legge 28 del 2000 che imporrebbe di <<assicurare a tutti i soggetti politici con imparzialità ed equità l’accesso all’informazione e alla comunicazione politica>>.
Dov’è l’imparzialità e l’equità nelle due puntate a senso unico di Rockpolitik? Dov’è il pluralismo, che sarebbe imposto anche dal codice etico della Rai, <<per tutelare il diritto del cittadino di essere compiutamente informato>>?
Nessuno, infatti, ha sentito il dovere di spiegare che la cattiva posizione dell’Italia nella classifica della libertà di stampa, citata nella prima puntata, è dovuta alle condanne al senatore Iannuzzi da parte dei giudici di Sinistra e non certo all’assenza dallo schermo dell’Oon. Michele Santoro. Come se non bastasse, si è infilata un’autoesaltazione dell’operato di Prodi all’IRI, falsamente bilanciata dall’autodifesa del leader di Forza Italia nei confronti dell’avviso di garanzia-killer che fece cadere il suo primo Governo.
Questa è par condicio alla Ballarò: difendersi da un’accusa infamante è ben diverso da parlare senza contraddittorio dei propri presunti successi. Quanto a Benigni, ha citato bei pensieri di Voltaire e Socrate per poi fare il contrario: a differenza del filosofo francese, a Benigni interessa solo la propria opinione e, al contrario dell’ateniese, si sente legibus solutus rispetto a par condicio e codice etico”.