Osservazioni sulla Relazione della Commissione Giovannini

Al Professor Enrico Giovannini,

Presidente della Commissione,

sul livellamento retributivo Italia-Europa (articolo 1 del decreto 6 luglio 2011, n. 98)

 

Illustre Presidente Giovannini,

ho preso visione, con l’aiuto di alcuni esperti, della relazione datata 31 dicembre 2011 della Commissione da Lei presieduta e credo opportuno comunicarLe alcune osservazioni, riguardanti i parlamentari e il Senato in particolare, che potranno essere utili per il completamento del Vostro complesso lavoro.

In base alla legge istitutiva, la Commissione dovrebbe, tra l’altro, accertare “il livello medio del trattamento economico omnicomprensivo annualmente corrisposto… ai titolari di cariche elettive ed incarichi di vertice o quali componenti… di” alcuni“organismi, enti e istituzioni” nonché “la media ponderata rispetto al PIL degli analoghi trattamenti economici percepiti annualmente dai titolari di omologhe cariche e incarichi negli altri sei principali Stati dell’Area Euro”.

Per i componenti di Senato e Camera, la legge fa riferimento “al costo relativo al trattamento economico omnicomprensivo annualmente corrisposto”.

Al di là dell’applicazione della legge, è bene non sottovalutare il peso che ogni Vostra comunicazione al riguardo ha nel sistema informativo. È pertanto rilevante non solo l’eventuale calcolo del livello medio, ma anche l’esposizione di cifre – anche dichiaratamente parziali.


Metodologia

Problemi di trasparenza in altri Paesi

La relazione ammette, per quanto riguarda gli altri Paesi, “mancanza di informazioni provenienti da fonti ufficiali”, l’incompletezza dei dati raccolti e anche le lacune.

La legge presume una trasparenza totale dei compensi, non solo in Italia, ma anche nei sei Paesi di riferimento.

Ritengo sarebbe opportuno evidenziare che, per quanto riguarda il Senato (parallelamente alla Camera dei Deputati), le informazioni fornite – peraltro disponibili a tutti attraverso la Rete informatica – non solo sono complete, ma trovano riscontro in dettagliati bilanci, anch’essi totalmente pubblici. Ciò consente di accertare che i dati forniti relativi ai parlamentari corrispondono al totale delle voci che li riguardano. Va anche osservato che i parlamentari sono le sole figure delle quali è dato sapere anche natura e entità dei rimborsi e delle gratuità, nonché i costi delle persone alle loro dirette dipendenze.

Molto diversa è la situazione all’estero. La Commissione riferisce di aver attivato le ambasciate per reperire i dati ma, da quanto si legge nella relazione a proposito dei parlamentari, sono state ottenute solo pochissime notizie che non siano quelle facilmente reperibili nei siti informatici delle rispettive istituzioni. Del resto, è impensabile che parlamenti e altre istituzioni di stati sovrani consegnino ad ambasciatori di altri Paesi dati che non ritengono di far conoscere ai propri cittadini. Né si possono ritenere affidabili dati consegnati in via riservata se privi di riscontri, pubblici o privati che siano. Infatti, la relazione non contiene alcun allegato di tal genere.

Il riscontro dovrebbe trovarsi nei bilanci interni degli organi parlamentari. Approfondite ricerche al riguardo non hanno consentito di reperire neppure i saldi dei bilanci dei parlamenti esteri oggetto dell’indagine.

È evidente che questa opacità è voluta e non si vede come dovrebbe cadere a seguito di una legge della Repubblica Italiana.

Un esempio di opacità: il parlamento del Belgio. I siti ufficiali di Senato (www.senate.be) e Camera (www.dekamer.be) non contengono alcuna notizia sul trattamento economico dei parlamentari, né vi si reperiscono i rispettivi bilanci interni. L’unico dato pubblico è il limite delle rispettive dotazioni finanziarie, reperibile non nei loro siti, ma nel bilancio generale del Regno1. Le cifre riportate dalla Relazione sono, pertanto, l’unica fonte pubblica disponibile. Tuttavia, sommando le voci indicate e moltiplicandole per il numero di Deputati e Senatori, si ottiene un totale pari ad appena il 13% della dotazione della Camera e 11% di quella del Senato – cosa del tutto inverosimile, tanto più se questo si lega al fatto che, secondo le informazioni fornite alla Commissione dalle autorità belghe, i parlamentari di quel Paese sarebbero i soli, tra quelli oggetto dell’indagine, a non avere alcun tipo di diaria, né di rimborso per le spese di trasporto. Sarebbe davvero curiosa la coincidenza tra un rigore senza eguali e una altrettanto ineguagliata mancanza di trasparenza, accanto a una manica assai più larga per il resto dei bilanci delle Camere.

Un’esempio di (opaca) sinteticità: l’Austria. Tutto quel che viene riportato nel sito del parlamento di Vienna sul trattamento economico dei deputati e sui mezzi a loro disposizione è questo: “L’ammontare dei salari lordi mensili dei membri del Nationalrat è attualmente qualcosa più di 8000€. Inoltre, secondo il Regolamento del Personale del Parlamento, tutti i membri del Nationalrat hanno diritto a una erogazione fissa mensile per impiegare fino a due assistenti2. Dalla Relazione sappiamo che ci sono anche delle spese di rappresentanza, omesse nel sito. Secondo i dati che essa riporta, però, la menzionata erogazione per impiegare “fino a due” assistenti sarebbe di 2387€ lordi mensili – cifra che desta perplessità sapendo che lo stipendio medio lordo dell’impiegato pubblico in Austria è di 4165€ mensili3. Anche in questo caso, non è dato di trovare il bilancio interno dei rami del Parlamento.

Ritengo pertanto che la relazione non possa non menzionare questi aspetti, chiarendo che:

– i costi relativi all’Italia sono quelli reali e riscontrabili;

– i costi indicati per gli altri Paesi sono assai meno certi e molto probabilmente incompleti: è certo solo che non sono inferiori alle cifre indicate.

 

1http://www.lachambre.be/FLWB/PDF/53/1944/53K1944001.pdf Division 32, punti 1 e 2.

2http://www.parlinkom.gv.at/PERK/NRBRBV/NR/ABGNR/index.shtml, voce “Bezüge der Abgeordneten”.

3http://www.statistik.at/web_en/statistics/social_statistics/personal_income/annual_personal_income/index.html

 

Dubbi sull’inclusione di alcune voci

La Commissione ha scelto alcune voci, che è quanto meno discutibile facciano parte della determinazione del “costo” prevista dalla legge. In ogni caso, data la difficoltà a reperire i dati per gli altri sei Paesi, tale inclusione rende più imprecisa e opinabile la media che verrà calcolata. Mi riferisco alle seguenti voci:

  • spese per assistenza sanitaria – non si comprende bene di cosa si tratti; l’assistenza sanitaria integrativa è totalmente coperta dai versamenti dei parlamentari, di cui la Commissione ha deciso di considerare l’indennità lorda che comprende anche detti versamenti; potrebbe essere corretta l’inclusione di tali costi solo se si tenesse conto dell’indennità netta effettivamente erogata al parlamentare e se si fosse in grado di conoscere le cifre che riguardano gli altri Paesi;
  • assegno vitalizio – in primo luogo la legge parla di parlamentari in carica, in secondo luogo valgono le considerazioni di cui al punto precedente: con il recente passaggio al sistema contributivo, l’assegno è per definizione totalmente coperto dai versamenti effettuati, i quali sono già inclusi nell’indennità lorda; anche in questo caso, sarebbe giustificato includere i costi relativi all’assegno vitalizio se si tenesse conto dell’indennità netta e non di quella lorda;
  • permanere di alcuni dei benefits anche dopo la conclusione del mandato – di nuovo: non riguarda i parlamentari in carica e si tratta di questioni che è difficilissimo indagare all’estero, peraltro recentemente ridotte quasi a zero.

 

Il “costo” è il trattamento economico lordo o quello netto?

La Commissione, nell’individuare ciò che la legge definisce il “costo relativo al trattamento economico omnicomprensivo”, ha deciso di conteggiare l’indennità lorda, naturalmente per tutti e sette i Paesi presi in considerazione.

Ma il “costo” di cui si parla è quello a carico della Repubblica: essendo la Repubblica il soggetto che percepisce le imposte, la quota di imposizione fiscale non grava sull’erario pubblico.

Non solo: i parlamentari, a differenza di ogni altra categoria, sono coloro che stabiliscono i criteri impositivi generali, e anche eventuali regimi speciali o esenzioni. Se – pertanto – stabilissero di tornare ad applicare le esenzioni fiscali previste per l’indennità parlamentare dal mai cancellato – ma nella prassi ormai superato – articolo 5 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, ogni parlamentare avrebbe a disposizione oltre mille euro in più al mese, con un aggravio di più di 13 milioni di euro sulle casse dello Stato, per i quali occorrerebbe trovare la copertura di bilancio. Eppure, questo non verrebbe rilevato con il criterio dell’indennità lorda. È questa la strada per tagliare i “costi della politica”?

Eppure, nella stessa tabella, la Commissione ha ritenuto giustamente opportuno ricordare – ad esempio – che l’indennità per i francesi è esente da imposte nella misura del 20%: applicando la norma ai parlamentari italiani, essi avrebbero un beneficio di circa 1000 euro al mese ciascuno, con un minore introito fiscale per lo stato di oltre 11 milioni di euro. Anche questo non sarebbe rilevato applicando il criterio del lordo, così come non inciderebbe sui calcoli la soppressione di tale particolare trattamento in Francia, che pure restituirebbe all’erario transalpino risorse per milioni di euro.

Se però si decide di calcolare come “costo” il lordo, questo deve essere fatto in toto. Ad esempio, in Germania e altrove nessun contributo previdenziale viene trattenuto dall’indennità lorda del parlamentare, ma è chiaro che resta a carico dello Stato e quindi andrebbe calcolato come “costo”. In mancanza, verrebbero portati a paragone dati del tutto eterogenei.

Una nota della Relazione afferma che “il calcolo delle imposte nei sei paesi richiederebbe l’adozione di una serie di ipotesi semplificatrici per l’individuazione di figure tipo e la necessità di incorporare con un sufficiente grado di dettaglio la normativa fiscale dei sei paesi. La Commissione ha ritenuto che le procedure di “nettizzazione” degli importi lordi sarebbero eccessivamente complesse e criticabili dagli interessati”. Per quanto riguarda i senatori, possiamo facilmente dire che troviamo criticabili le procedure di “lordizzazione”, mentre non appare davvero difficile ottenere il netto di un reddito di cui si conosca il lordo: persino nella Rete si trovano calcolatori che, approssimativamente, lo fanno, e certamente le nostre ambasciate devono essere in grado di farlo per il loro personale assunto in loco.

 

Corrispondenza del Senato italiano con organi di altri Paesi

(“La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.” – Articolo 70 della Costituzione Italiana)

Per quanto riguarda l’individuazione degli organi di altri Paesi omologhi con il Senato italiano, nella tabella 5 vi sono diverse scelte che paiono basarsi più sull’assonanza delle denominazioni, che sulle funzioni che le rispettive Costituzioni assegnano.

  1. Per la Germania, come omologo del Senato è indicato il Bundesrat, il cui stesso nome (“consiglio federale”) suggerisce che è cosa ben diversa. In realtà, la costituzione tedesca non lo qualifica come camera legislativa. Anzi, l’articolo 77 parla chiaro: “Die Bundesgesetze werden vom Bundestage beschlossen” (“Le leggi federali sono adottate dal Bundestag”). Le funzioni di Bundesrat e Senato sono del tutto diverse, a cominciare dal fatto che il Bundesrat non è eletto dal popolo, ha pochissime sedute all’anno: 13 in tutto il 2011 (rispetto alle 168 del Senato italiano), altrettante nel 2010 e 12 nel 20091. Le funzioni e la composizione del Bundesrat sono piuttosto simili a quelle della Conferenza Stato-Regioni. L’articolo 70 della nostra Costituzione è tanto chiaro quanto il 77 tedesco: per la perfetta parità che la nostra costituzione attribuisce alle Camere, in Germania l’organo corrispondente al Senato non può che essere il Bundestag, come per la Camera.
  2. Nei Paesi Bassi, i membri della Eerste Kamer (che, a dispetto del nome è menzionata dopo la Tweede Kamer nella Costituzione) non sono eletti dal popolo, ma dai rispettivi consigli provinciali, non possono modificare le leggi, ma solo dare un parere favorevole o contrario2. Nel corso del 2011 hanno tenuto 35 sedute (il Senato italiano 168), 36 nel 20102. Il lavoro delle Commissioni è minimo ed essenzialmente svolto per iscritto, con domande di chiarimento al Governo sui provvedimenti in discussione2. Nel Senato italiano le Commissioni tengono un numero di sedute simile a quello dell’Assemblea. Anche in questo caso, è chiaro che l’equivalente del Senato italiano nei Paesi Bassi è la Tweede Kamer.
  3. Il Bundesrat austriaco è assai simile al suo omonimo tedesco: i suoi membri non sono eletti dal popolo, nella maggior parte delle materie l’altra camera – il Nationalrat – può non tenere conto dei suoi pareri, che hanno solo valore sospensivo3. Anche qui, è utile notare il numero delle sedute plenarie: 11 nel 2011 e 12 nel 2010, rispetto alle 47 nel 2011, e 39 nel 2010 del Nationalrat4. L’equivalente austriaco del Senato italiano è senza dubbio il Nationalrat.
  4. Un ragionamento simile potrebbe essere fatto per il Senato Francese5, i cui membri non sono eletti dal popolo, e lavora assai meno di quello italiano (l’estate scorsa, tra il 13 luglio e il 30 settembre vi è stata una sola seduta rispetto alle 34 di Palazzo Madama). Dato però che il trattamento economico dei senatori francesi non differisce molto da quello dei deputati, l’influenza di questa scelta è scarsa, seppure comunque sfavorevole ai senatori italiani.

 

1Sito ufficiale del Bundesrat tedesco: http://www.bundesrat.de/cln_161/nn_43984/DE/parlamentsmaterial/plenarprotokolle/Jahresverzeichnisse/plpr2011-node.html?__nnn=true

2Sito ufficiale della Eerste Kamer: http://www.eerstekamer.nl/

3Sito ufficiale del parlamento austriaco: http://www.parlament.gv.at/PERK/NRBRBV/BR/index.shtml

4http://www.parlament.gv.at/PAKT/PLENAR/

5Sito ufficiale del Sénat: http://www.senat.fr/seances/seances.html



Imprecisioni delle tabelle

TAVOLA 4

  1. Alla voce “VIAGGIO-Circolazione”, mentre per l’Italia sono segnalate le gratuità, per la Spagna è indicata solo la somma di 120€ al giorno, come se il costo del trasporto restasse incluso in tale ammontare. In realtà, quei 120 euro andavano collocati, in aggiunta ai 1823,90€ indicati, nella riga “DIARIA” che in castigliano si dice per l’appunto “dietas”. Sotto la voce “VIAGGIO” andava invece indicato che il costo di tutti i mezzi di trasporto pubblico sono pagati dal parlamento: “El Congreso de los Diputados cubre los gastos de transporte en medio público (avión, tren, automóvil o barco) de los Diputados1.
  2. Per quanto riguarda le spese per i collaboratori di Francia2, Germania3 e Austria, non è segnalato che, in aggiunta alla somma indicata, gli oneri sociali propri del datore di lavoro sono a ulteriore carico delle rispettive istituzioni (“hors charges patronales” 4). Ciò evidentemente non può che rientrare nel costo sostenuto dalla pubblica amministrazione. In Italia tali oneri corrispondono a circa il 40% dello stipendio lordo.
  3. Non è menzionato il fatto che i parlamentari francesi possono cumulare, oltre all’indennità, compensi per funzioni elettive in enti locali fino a 2757,34€mensili5, mentre quelli italiani in tali condizioni percepiscono la sola indennità parlamentare.
  4. Non è menzionato il prestito agevolato (interesse 2%) di una somma pari “mediamente” a 94mila euro, a favore dei parlamentari francesi, “per acquisire un locale ad uso di ufficio o di permanenza nella regione di Parigi o nella circoscrizione” 6.
  5. Non è menzionato che ai senatori francesi (per i deputati non si sa, ma verosimilmente anche per loro) viene rimborsato l’albergo a Parigi6.
  6. Per il Bundestag, il rimborso forfettario di spese pari a 4029€ al mese è riportato con un importo inferiore7.
  7. Per la Tweede Kamer dei Paesi Bassi è omesso il non trascurabile rimborso forfetario di spese di circolazione automobilistica8.

 

1http://www.congreso.es/portal/page/portal/Congreso/Congreso/Diputados/RegEcoyProtSoc/regimen_economico_diputados.pdf, Punto III.2.B

2http://www.assemblee-nationale.fr/connaissance/fiches_synthese/fiche_17.asp, Punto II.1

3http://www.bundestag.de/bundestag/abgeordnete17/mdb_diaeten/1334d.html

4http://www.senat.fr/role/senateurs_info/moyens_senateurs.html, paragrafo «Rémunération des assistants» 

5http://www.assemblee-nationale.fr/connaissance/fiches_synthese/fiche_17.asp, Punto I.3

6http://www.senat.fr/role/senateurs_info/moyens_senateurs.html, paragrafo «Aide au logement»

7http://www.bundestag.de/bundestag/abgeordnete17/mdb_diaeten/1334e.html

8http://www.tweedekamer.nl/images/Bijlage_schadeloosstelling_01-01-2010_118-199867.pdf Punto C.2, voce «Andere reiskosten»



Proposte per perfezionare e completare il lavoro

  1. Tutti i Paesi. Non conteggiare le spese di viaggio non forfetarie, essendo sostanzialmente uguali i criteri di tutti i Paesi: garantire al parlamentare di spostarsi all’interno del territorio nazionale; in ogni caso, sarebbe difficilissimo un calcolo, e discutibile paragonare l’Italia, ad esempio all’Olanda, dove la città più lontana dista 260 km dalla capitale, in pianura;
  2. Tutti i Paesi. Conteggiare l’indennità al netto degli oneri previdenziali. Ciò consente di avere dati omogenei a dispetto della disomogeneità dei meccanismi in atto: in alcuni paesi sono totalmente a carico del parlamentari, in altri totalmente a carico dell’istituzione, altri ancora sono in una situazione intermedia.
  3. Tutti i Paesi. Conteggiare l’indennità al netto dell’imposizione fiscale, che non può essere considerata “costo” poiché è incassata dal medesimo ente che eroga l’indennità e per evitare il paradosso per il quale ove, ad esempio, l’Italia decidesse di esentare del tutto dalle imposte i suoi parlamentari, ciò non avrebbe alcuna conseguenza nel paragone con gli altri paesi. A tal fine, ove la somma dell’indennità netta non fosse già conoscibile per altra via (il Senato francese, ad esempio, pubblica una “busta paga” nel proprio sito ufficiale) è certamente facile ottenere dalle nostre ambasciate un calcolo attendibile, che tenga conto di un carico di famiglia medio.
  4. Enti omologhi. Individuare come enti omologhi al Senato italiano, organo del tutto paritario, come poteri e come lavoro, alla Camera, il Bundestag per la Germania (sul Bundesrat, del resto, mancano tutti i dati), la Tweede Kamer der Staten-Generaal per i Paesi Bassi, il Nationalrat per l’Austria (si veda“Corrispondenza del Senato italiano con organi di altri paesi”).
  5. Francia e Germania. Quantificare la somma corrispondente all’uso dell’auto di servizio nella capitale, ad esempio facendo riferimento a quanto erogato in Spagna per una finalità analoga.
  6. Tutti i Paesi. Non conteggiare i rimborsi per le spese informatiche o la concessione gratuita di apparecchiature informatiche o telefoniche (estero), considerandone la sostanziale equivalenza e la difficoltà nel valutarne i costi.
  7. Francia, Germania e Austria. Quantificare il costo degli oneri del personale, propri del datore di lavoro.
  8. Francia Camera e Senato. Quantificare il costo delle agevolazioni di prestito per l’acquisizione di locali, tenendo presente che la somma media risulta essere di 94mila€.
  9. Francia Senato. Quantificare il rimborso dell’albergo nella capitale.
  10. Spagna. Quantificare la diaria (“dietas”) giornaliera su base mensile, facendo riferimento al numero di sedute mensili previste dalla nostra legge 1261/1965.
  11. Paesi Bassi. Includere il rimborso forfetario di spese di circolazione automobilistiche di 839,76€ al mese1, il corretto ammontare della diaria per la permanenza nella capitale2 e il corretto ammontare delle spese di rappresentanza3.
  12. Belgio. Cercare ulteriori notizie, alla luce delle considerazioni sopra esposte (vedi “Un esempio di opacità: il parlamento del Belgio”), poiché le cifre indicate, non per responsabilità della Commissione, ma della scarsa trasparenza di quel parlamento, sono poco credibili nella loro esiguità.Nella Rete si trovano articoli che citano studi ufficiali e parlano di altre voci4, come un cospicuo rimborso forfetario sulla base di 120 viaggi di andata e ritorno dalla residenza alla capitale, oltre a spese di rappresentanza per un ammontare assai superiore a quello indicato. Tali fonti non possono essere assunte ufficialmente, ma neppure ignorate. Quanto meno, andrebbe quantificato il costo per il personale, non essendo certo soddisfacente il solo sapere che “il collaboratore è dipendente della Camera”: è ciò che avviene in altri parlamenti, che però specificano l’ammontare dello stipendio.
  13. Austria. Anche qui è auspicabile un approfondimento (vedi “Un’esempio di opaca sinteticità: l’Austria”).

 

1 http://www.tweedekamer.nl/images/Bijlage_schadeloosstelling_01-01-2010_118-199867.pdf, Punto C.2, voce «Andere reiskosten»

2 http://www.tweedekamer.nl/images/Bijlage_schadeloosstelling_01-01-2010_118-199867.pdf, Punto C.1, voce «Woning-Den Haag»

3 http://www.tweedekamer.nl/images/Bijlage_schadeloosstelling_01-01-2010_118-199867.pdf, Punto C.4, voce «Vergoeding beroepskosten»

4 Ad esempio http://www.politifacts.be/faq.php?s=4&PHPSESSID=4fb2e2f5a7aa4d85eecf90a26a9845c4

 

 

Nella speranza di aver fornito elementi utili al difficile lavoro che Lei sta svolgendo, Le invio i miei saluti più cordiali unitamente ai sensi della mia stima.

 

Lucio Malan

 


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