Repressione violenta in Birmania: dobbiamo pensare ad azioni incisive anche nei confronti del regime che sostiene la permanenza al potere della Giunta birmana

Un rappresentante dei monaci buddisti che sono stati protagonisti di questa protesta, ha detto: «Possono distruggere i nostri corpi, ma i nostri spiriti restano intatti». Noi, che abbiamo i nostri corpi ben al sicuro, se non faremo qualcosa di veramente incisivo, difficilmente manterremo i nostri spiriti intatti

Intervento in Aula nella discussione sull’informativa del Governo concernente la situazione in Myanmar

Signor Presidente,

credo che, di fronte alle immagini e alle notizie drammatiche che giungono anche in queste ore, di una repressione violenta e omicida nei confronti di persone che manifestano con il più radicale degli atteggiamenti pacifici, non ci possa essere reazione adeguata oltre all’orrore e allo sdegno che ci unisce. Dopo questo, però, dobbiamo esaminare quanto possiamo fare.

Esprimo piena solidarietà al Governo per i passi che sta intraprendendo e di cui ci ha parlato. Sottolineo che quando, pochi giorni fa, abbiamo approvato una mozione firmata da senatori di entrambe le coalizioni, c’era stata da parte del Governo una richiesta di attutirne il dispositivo. L’urgenza dei fatti dimostra che aveva ragione l’Aula a chiedere azioni incisive. Mi pare che i passi intrapresi attraverso l’Unione Europea vadano verso questa direzione.

Tuttavia, dobbiamo anche pensare a misure che siano efficaci. Sappiamo molto bene chi è il primo partner commerciale della Birmania: la vicina Cina; sappiamo molto bene che è la stessa Cina che ha impedito, sta impedendo e certamente tenterà di impedire che le Nazioni Unite prendano delle decisioni veramente forti nei confronti della Birmania.

Allora, schierarsi a favore di sanzioni nei confronti della Birmania ma, contemporaneamente, ignorare che violazioni dei diritti umani, forse non così spettacolari ma certamente molto più diffuse, avvengono ogni giorno in Cina; apprestarsi a celebrare con grande fasto le Olimpiadi che, fra dieci mesi e mezzo, metteranno la Cina e il suo regime sotto una luce certamente positiva, che ci ricorda o almeno mi ricorda quanto avvenne a Berlino nel 1936; fare questa azione sulla Birmania e non aver chiaro che se, al contempo, addirittura promuoviamo gli scambi con la Cina arrivando – come è stato fatto dal Governo – a proporre di sospendere l’embargo per quanto riguarda le armi nei confronti di quel Paese, facciamo veramente un lavoro inutile, è come tentare di svuotare un contenitore d’acqua che è comunicante con un altro.

Se davvero vogliamo difendere i diritti umani, e credo che davvero lo vogliamo tutti, se vogliamo difendere questo elemento minimo di civiltà che consiste nel non reprimere con le armi chi manifesta in modo del tutto pacifico, dobbiamo essere conseguenti e pensare davvero ad azioni incisive – che non vogliono dire un semplice fervorino di qualche minuto davanti a qualche dirigente cinese – anche nei confronti del regime che è la causa del sostegno e della permanenza al potere della Giunta birmana.

In un messaggio, un rappresentante dei monaci buddisti che sono stati protagonisti di questa protesta, riferendosi agli spari e alle uccisioni nei loro confronti, ha detto: «Possono distruggere i nostri corpi, ma i nostri spiriti restano intatti». Bene, noi che abbiamo i nostri corpi ben al sicuro, se non faremo qualcosa di veramente incisivo, difficilmente manterremo i nostri spiriti intatti.

Torna in alto