Servono azioni urgenti per tutelare la pari dignità genitoriale, sancita dalla legge ma spesso ignorata

Un padre da 12 anni separato dalla figlia disabile, alla quale – nel frattempo – viene violato il diritto costituzionale alla salute

Interrogazione con richiesta di risposta scritta al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della Giustizia e al Ministro della Salute
Premesso che:
  • in data 5 luglio 1997, i sig.ri Luca Favaro e S. M. contraevano matrimonio a Collegno;
  • dall’unione nasceva, in data 12 ottobre 2001, la figlia E.;
  • in data 9 dicembre 2004, la signora M. chiedeva avanti il Tribunale Ordinario di Torino, la separazione personale dei coniugi con addebito in capo al signor Favaro;
  • il Tribunale Ordinario di Torino emanava la sentenza di separazione dei coniugi il giorno 11 febbraio 2008, con cui rigettava la richiesta di addebito in capo al signor Favaro e nonostante fosse stato constatato il “buon legame di attaccamento riscontrato nel corso della CTU tra il padre e la minore”, al fine di evitare l’eccessiva conflittualità, stabiliva l’affido esclusivo della minore alla madre con conseguente collocazione della minore presso quest’ultima e l’ assegnazione della casa coniugale di proprietà esclusiva del signor Favaro; veniva altresì stabilito che il padre potesse incontrare la minore tre pomeriggi a settimana ed a fine settimana alternati, incluso un pernotto, tre settimane durante le vacanze estive; una settimana per il periodo natalizio;
  • la sentenza di separazione veniva appellata da entrambe le parti;
  • il signor Favaro chiedeva il collocamento della minore presso di sé, allo scopo di assistere la figlia fornendole cure mediche fino ad allora negate dalla madre;
  • veniva così disposta dal Tribunale di Torino, in data 6 novembre 2009, una CTU medico legale affidata al Dott. Virginio Oddone allo scopo di assumere elementi di valutazione sul grado di assistenza della madre alla minore e sull’eventuale necessità di cure mediche;
  • la CTU, depositata a distanza di ben dieci mesi, effettuava, anche grazie alla collaborazione di alcuni specialisti coinvolti esclusivamente dal padre contro la volontà della madre, la seguente diagnosi: “la minore presenta alterazioni a carico del coordinamento motorio e delle abilità scolastiche, che pongono il suo caso nell’ambito delle sindromi e disturbi da alterato sviluppo psicologico”, secondo la classificazione ICD- 10 dell’OMS, gli accertamenti indicano con certezza la presenza di:
  • dislessia evolutiva (disturbo specifico della lettura);
  • disprassia evolutiva (disturbo evolutivo della funzione motoria);
  • sindrome di Duane di stilling turk duane di tipo I, patologia quest’ultima malformativa a carico dell’occhio sinistro da esso innervato che determina una forma di strabismo.”;
  • il CTU specificava che i disturbi si ripercuotono in modo permanente oltre che sullo sviluppo psicologico operativo e sociale del bambino, anche nella sua vita sociale e lavorativa da adulto e sulla sua qualità ;
  • Il CTU concludeva con la necessità di trattamenti urgenti e multidisciplinari (logopedia anche terapia occupazionale, ortottica etc) e specificava che “la mancata attivazione di un progetto multidisciplinare dei trattamenti abilitativi, delle misure compensative e dispensative costituisce violazione dei diritti e degli interessi fondamentali di E. Favaro e determinerebbe un danno alla sua salute psichica.” ;
  • successivamente al deposito del ricorso da parte del Signor Favaro la Signora M. presentava una denucia di molestie a sfondo sessuale a carico del Signor Favaro in danno della minore, ottenendo, da parte della Corte d’Appello di Torino senza alcun tipo di indagine e/o accertamento un’automatica restrizione della relazione padre/figlia che da allora avverrà nel c.d. “ spazio neutro” alla presenza di un operatore socio assistenziale con cadenza settimanale;
  • il procedimento penale attivato dalla Signora M. veniva archiviato su richiesta del Pm Dott.ssa Barbara Badellino la quale, in data 18 ottobre 2010, così scrive testualmente: “la minore quando risponde alle domande sembra reciti una lezione a memoria”; il Gip quindi, Dott. Francesco Gianfrotta, nell’archiviare il procedimento, con decreto del 26 maggio 2010 si è così espresso: “quand’anche fosse accertata la capacità a testimoniare della minore rimarrebbe il dubbio sulla genuinità delle sue allegazioni, che non potrebbe escludersi essere state influenzate dal rapporto con la madre”;
  • Ia Corte d’Appello, emetteva ordinanza del 11 marzo 2011 che incaricava i servizi sociali e di Neuropsichiatria infantile per gli opportuni interventi di sostegno e per il contenimento della conflittualità per un graduale recupero della relazione padre-figlia e ordinava ai genitori di realizzare il complesso iter terapeutico e riabilitativo previsto dal CTU Oddone;
  • nell’ordinanza sopra indicata la Corte precisava: “va chiaramente affermato che qui è in gioco la salute della minore e di fronte ad un bene di tale rilevanza costituzionale futuri inadempimenti potranno comportare l’adozione di congrue misure in punto di esercizio della potestà genitoriale”;
  • a seguito di ulteriore istanza presentata dal Signor Favaro, conseguente all’archiviazione del procedimento penale suindicato, e funzionale a recuperare il rapporto con la minore, la Corte di Appello, in data 21 settembre 2011, disponeva nuova CTU psicologica conferendo incarico alla Dott.ssa Manuela Tartari;
  • la nuova CTU, depositata dopo circa cinque mesi,  il 23 febbraio 2012, di fatto conferma le precedenti risultanze  e  nel frattempo inizia una battaglia legale per ottenere l’autorizzazione ad effettuare gli accertamenti diagnostici in relazione alle difficoltà motorie e linguistiche della bambina che la madre ostacola e a tratti rifiuta [..] questi vengono comunque condotti senza l’assenso della signora ed il Favaro presenta copiosa documentazione che prospetta un quadro di dislessia unito a problemi oculistici;
  • nel citato documento si legge: “se la diagnosi proposta verrà confermata dai fatti la minore corre il rischio di una cronicizzazione delle risposte difensive che in futuro potrà comportare vari rischi, in particolare:  Relazioni interpersonali difficili sia con i caregiver che con i coetanei;  difficoltà nella regolazione affettiva; difficoltà nello sviluppo del Sé in particolare nell’area dell’autostima e dell’efficacia personale e poi sotto la voce “colloqui di sintesi di CTU e CCTTPP” si legge “concordiamo sulla imprescindibile necessità che la minore effettui una vera psicoterapia e una qualche forma di separazione dalla madre in modo attenuato e non traumatico affiancato alla psicoterapia”;
  • la Corte D’Appello con sentenza del 21 gennaio 2013, muovendo dalle suindicate argomentazioni, riformava la sentenza di primo grado nel senso di prevedere l’affido condiviso della minore ad entrambi i genitori stabilendo la dimora abituale della minore presso la madre e ordinava la sospensione temporanea dei rapporti tra il padre e la figlia per un periodo che viene indicativamente stabilito in mesi sei, prevedendo che nella fase successiva gli incontri possano riprendere in modo graduale (sino a giungere a cadenza settimanale) e con idonee cautele (luogo neutro, presenza di personale educativo) e introducendo progressivamente uscite in autonomia di padre e minore con modalità e tempi da concordare con i Servizi Sociali consultato il servizio psicologico e il terapeuta della minore. Inoltre, prescriveva ai genitori di assicurare alla figlia un regolare sostegno psicoterapeutico rivolgendosi a professionista di fiducia; rinnova l’incarico ai servizi sociali e di psicologica dell’età evolutiva di realizzare ogni opportuno intervento di sostegno nei confronti dei genitori e della minore volto al contenimento della conflittualità alla miglior socializzazione della minore (attraverso un’educativa professionale) e a un graduale recupero della relazione padre-bambina prescrivendo ai genitori di collaborare con gli operatori, confermava poi la prescrizione ai genitori di garantire alla figlia le cure e i trattamenti riabilitativi segnalati nelle conclusioni della CTU Oddone comprensivi di sostegno in ambito scolastico.”;
  • la psicoterapia veniva iniziata solo otto mesi dopo, nel mese di settembre 2013 con la dott.ssa Maria Teresa Gallo, ma, a distanza di pochi mesi, dopo un primo periodo di apertura della minore nei confronti del padre, la psicoterapeuta interrompeva la terapia avendo accertato che i progressi venivano vanificati dalle interferenze della madre, la quale aveva dichiarato di credere nel fatto che il padre avesse effettivamente molestato la figlia che doveva quindi essere “lasciata in pace”;
  • dal marzo 2014 la situazione è regredita al punto di partenza e la minore è priva di psicoterapeuta e non vuole incontrare suo padre se non in presenza della madre o dell’educatrice;
  • ogni tentativo del signor Favaro effettuato anche per il tramite del servizio sociale Cisa di Rivoli di poter quantomeno iniziare le terapie indicate nella sentenza della Corte d’Appello è stato vano;

nel giugno 2014, si è visto quindi costretto ad adire il Tribunale per i Minorenni, ai sensi e per gli effetti degli artt. 333 e 336 c.c., per affievolire la potestà genitoriale della madre, ma il Tribunale riconfermava pedissequamente tutto quanto previsto dalla sentenza della Corte D’appello di Torino, ordinando al servizio sociale Cisa di Rivoli di realizzare gli interventi  di sostegno in sentenza specificati e di informare la Procura presso il Tribunale per i Minorenni, in caso di inadempimento delle prescrizioni di cui sopra o qualora emergessero ulteriori situazioni di pregiudizio ;

  • trascorsi un anno e mezzo dalla sentenza del Tribunale per i Minorenni e tre anni da quella della Corte D’Appello, la situazione della minore è ulteriormente peggiorata;
  • il Servizio Sociale Cisa di Rivoli infatti, non è riuscito ad attivare nulla a causa del comportamento ostativo della madre, omettendo altresì di relazionare le criticità emergenti al Tribunale per i Minorenni e ciò contrariamente a quanto fosse stato prescritto dal medesimo Organo Giudicante;
  • gli interventi dell’avv. Pichierri, quale difensore del padre, al servizio sociale Cisa di Rivoli non hanno avuto alcun riscontro e il servizio medesimo non ha segnalato alcunché al Tribunale per i Minorenni e ciò contrariamente a quanto allo stesso prescritto dal medesimo Organi Giudicante;
  • ad oggi la minore E. non svolge alcuna terapia, né ha un educativa domiciliare;
  • la educatrice incaricata dalla Cisa ha dichiarato nella sua relazione: “Le criticità osservate sono principalmente nell’estrema fatica della madre a dare spazio ad altre figure nella gestione educativa e scolastica della minore, creando un rapporto esclusivo e simbiotico. Il contesto materno è un contesto poco propenso alla socializzazione, la signora difficilmente crea legami con le altre mamme o con gli adulti che sono intorno alla ” e ancora, “Il livello di autonomia di E. non è caratteristico della sua età. E. dimostra lacune rispetto alle indicazioni stradali, e nell’affrontare le situazioni esterne che le si presentano, non si sente autorizzata ad agire anche in casa, dove spesso chiede alla mamma quali scarpe indossare e se può andare in camera e far vedere all’educatrice oggetti a lei personali Vista la totale sfiducia materna nel ruolo educativo dell’operatore, legato al ruolo di mediatrice padre-figlia. Visti gli obiettivi educativi difficilmente raggiungibili anche per una totale adesione della minore al pensiero materno, si ritiene ad oggi che l’intervento educativo non abbia più spazio di azione e quindi concluso” (28 aprile 2014);
  • come già sopra argomentato, nonostante il decreto del Tribunale dei Minori a gennaio 2015 disponesse un nuovo intervento educativo finalizzato alla socializzazione della minore, il Servizio Sociale Cisa di Rivoli nulla ha attivato, mantenendo l’educatrice esclusivamente in funzione degli incontri settimanali padre-figlia e con ciò senza relazionare in alcun modo il Tribunale, contrariamente a quanto stabilito della sentenza del medesimo organo;
  • è stato di recente dal padre presentato un ulteriore ricorso ex art. 709 ter c.p.c., ancora in corso, per obbligare la madre a permettere alla minore di effettuare tutte le terapie sopra specificate e chiedere  l’affidamento della minore alla zia paterna o comunque la collocazione della stessa in altro ambiente che le permetta di crescere in modo sano ed equilibrato cosa che, mediante la collocazione presso la residenza materna, non è stata possibile proprio a causa della manifesta inadeguatezza della madre;
  • anche in questo caso il Tribunale Ordinario di Torino, ha nuovamente investito la Cisa di Rivoli affinché elabori una ennesima relazione che verosimilmente, al pari di quanto avvenuto in passato, rimarrà lettera morta, rinviando ogni decisione a un’udienza prevista nel mese di novembre 2016;
  • la Cisa ha persino risposto al Tribunale Ordinario evidenziando la propria incapacità a superare le difficoltà riscontrate a causa di una “diffidenza” manifestata da parte del padre, chiedendo che venisse incaricato altro servizio;
  • il Tribunale ha negato la possibilità di una sostituzione del servizio, invitando lo stesso a cambiare operatori;
  • emerge da quanto affermato una situazione di grave pregiudizio in cui versa la minore a causa della mancata esecuzione delle terapie previste dalla sentenza della corte d’appello;
considerato che:
  • è noto che a tale riguardo l’Italia è stata più volte sanzionata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ove lo Stato e i suoi apparati non hanno garantito e preservato la relazione padre separato e minore e ciò ai sensi dell’art. 8 CEDU; la Corte ha anche sanzionato quelle sentenze stereotipate e prive di concreta possibilità di efficacia e che non mettano in atto il necessario “arsenale” per permettere il mantenimento pieno del rapporto genitore-figlio/a;
  • dalla emanazione della legge n. 54 del 2006 che ha sancito l’affido condiviso gli affidamenti dei minori continuano ad essere solo formalmente “condivisi” e ciò in quanto la prassi giurisprudenziale ha creato la figura di “genitore collocatario” che risulta nei fatti e nelle pronunce dei Tribunali nella stragrande maggioranza dei casi la madre e che, ancora oggi, è  di fatto privilegiata rispetto alla prole;
  • spesso è sufficiente una strumentale denuncia della madre per presunte molestie sessuali in danno del minore da parte del padre per ostacolare il rapporto padre/minore in modo irreversibile ed anche dinnanzi a comprovate e ripetute sentenze di infondatezza, il sistema giudiziario italiano, pare rimanere inattivo, incapace di contrastare la pericolosa e diffusa tendenza all’uso strumentale della legge;
  • presso i Tribunali le sanzioni di cui all’art. 614 bis c.p.c. e similari non vengono di fatto quasi mai applicati nei riguardi della madri c.d. “collocatarie”;
per sapere:
  • se siano a conoscenza del caso di specie;
  • se non si ravvisi nel caso in questione un comportamento da parte degli organi giudicanti nei confronti del signor Favaro tale da suggerire una ispezione per accertarne la portata e le implicazioni, anche allo scopo di verificare se i criteri messi in atto in questo caso sono generalizzati e come mai la legge n. 54 del 2006 che ha sancito la pari dignità genitoriale del padre alla madre e la c.d. bigenitorialità mediante la statuizione dell’affido condiviso, venga spesso di fatto ignorata;
  • se non ritengano che il diritto costituzionalmente garantito della minore in questione alla salute non sia stato adeguatamente garantito;
  • quali iniziative intendano assumere di fronte a una condizione di separazione padre-minore perdurante ormai da oltre dodici anni, in evidente contrasto con quanto previsto dalla legge nazionale, dalla Cedu e dalla Convenzione di NY;
  • se non si ritenga opportuno prevedere azioni urgenti in favore della bigenitorialità.
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