“Il pm Di Matteo renderebbe miglior servizio alla Giustizia e persino alla recente sentenza di Palermo se evitasse di evidenziarne la valenza e la matrice politica. Un magistrato dovrebbe avvalorare le sentenze – la cui fallibilità è uno dei fondamenti della Giustizia di un Paese civile, altrimenti non ci sarebbe ragione per avere più gradi di giudizio – spiegando come siano fondate su prove concrete portate nel dibattimento. Il dott. Di Matteo ha, invece, usato il servizio pubblico per illustrare teoremi del tutto ideologici, auspicando che essi vengano avallati in futuro da ipotetici ‘pentiti di Stato’. Di conseguenza, le perplessità che derivano dalle pesanti condanne nei confronti di ufficiali dei Carabinieri che si sono distinti nella vera lotta alla mafia – non quella fatta di facili parole e rapide carriere – si ingigantiscono quando, dalle dichiarazioni dello stesso pm palermitano, quelle condanne sembrano basate non su prove ma su costruzioni ideologiche.
La lotta alla criminalità, in particolare quella mafiosa, è troppo importante per rischiare di farla anche solo apparire come dettate da pregiudizi politici e usata per fini politici”.