Costi dei parlamentari: la verità e le menzogne della propaganda contro la democrazia – 1a parte

Motivazioni

La campagna mediatica sui cosiddetti costi della politica fa leva su pulsioni molto diverse:

– giusto sdegno per gli scandali emersi a vari livelli, molto raramente sul livello parlamentare, ingiustamente riferito a tutti “i politici”;

– errato convincimento che la corruzione sia prerogativa pressoché esclusiva della politica; in realtà, secondo dati della Polizia, i condannati per corruzione e reati analoghi sono politici o amministratori solo per il 3,4%;

– persuasione che i parlamentari siano oggi troppo pagati, accompagnata di solito con l’erroneo convincimento che nessun taglio sia stato fatto negli scorsi anni ai loro emolumenti, che essi siano più alti che negli altri Paesi, che tutto ciò che viene percepito dal parlamentare sia classificabile come “stipendio” ovvero “guadagno” e che i parlamentari italiani lavorino poco e comunque meno di quelli degli altri Paesi;

– endemica ostilità all’intera struttura dello Stato e degli altri enti che costituiscono la Repubblica, vissuti come essenzialmente parassitari, ostilità acuita dalle correnti difficoltà economiche, certamente gravi, ma anche ampiamente enfatizzate; principale bersaglio di questa ostilità sono, in ogni democrazia e in ogni epoca (ad esempio ai tempi di Caligola), i membri del parlamento; la campagna di stampa (poi seguita dagli altri media, incluso il cosiddetto servizio pubblico) di questi ultimi anni, ricca di mistificazioni, esagerazioni e falsità, ha fatto leva su questo sentimento, l’ha esacerbato e l’ha ingigantito;

– mera e schietta invidia, di cui i parlamentari sono bersaglio preferenziale proprio perché in gran parte non appartengono ad alcuna aristocrazia (sono cioè il contrario di una casta): mentre solo i figli dei nobili possono essere nobili, solo pochissimi diventano ricchi se non sono figli di ricchi, chiunque può invece diventare parlamentare, anche chi è nato da famiglia umile, non è molto istruito e magari non è neppure molto intelligente; chi li invidia avrebbe potuto diventare uno di loro, per questo li odia;

– brutale ostilità alla democrazia: non è raro sentire richiami al “buon tempo” quando uno solo comandava, sentire citare il nazismo non come momento di barbarie, ma come esempio, magari iperbolico, di disciplina, ordine e pulizia morale, sentire auspicare fantomatici organi che possano sanzionare anche le decisioni politiche delle istituzioni democratiche, dimenticando che in democrazia il controllo di merito spetta al popolo sovrano; come disse Pericle 2443 anni fa: questo “si chiama democrazia”;

– volontà di indebolire gli organi democratici; determinati interessi sono disturbati dal residuo potere del Parlamento e in genere della democrazia; è certamente più facile ottenere dallo Stato e dagli altri livelli di governo norme e atti compiacenti e convenienti, anche legali, rivolgendosi direttamente ad anonimi ma potenti funzionari e burocrati, piuttosto che alle decisioni trasparenti, collettive e pubbliche degli organi che rappresentano il popolo sovrano; in subordine, è molto più facile ottenere la “collaborazione” di parlamentari indeboliti davanti all’opinione pubblica e dal punto di vista economico; nello splendido film Lincoln di Steven Spielberg, si rappresentano molto bene deputati sicuri della non rielezione (condizione oggi molto comune con il limite al numero dei mandati, la riduzione del numero ecc.) pronti a votare contro i principi propri e dei propri elettori (in quel caso principi sbagliati) in cambio di posti di lavoro anche di basso livello, di lì a poco indispensabili al loro sostentamento; se poi il trattamento economico dei parlamentari è tale che neppure una campagna elettorale ben al di sotto dei limiti di spesa minima è alla loro portata, i “costi dei politici” (cioè quanto ci vuole per “convincerli” a votare le cose che fanno comodo) saranno sicuramente in picchiata, con gran gioia dei “compratori”; la costituzione tedesca, come la nostra, prevede un’indennità per i parlamentari, ma quella specifica “un’adeguata indennità che assicuri la loro indipendenza”; certo, l’avido efferato si farà corrompere anche se guadagna una fortuna e il santo non lo farà neppure se muore di fame; tutti gli altri, cioè il mondo reale, possono farsi tentare se il bilancio familiare è sempre a rischio; del resto, abbiamo potuto recentemente leggere una sentenza della Corte Costituzionale che ha ritenuto il blocco triennale dei compensi a carico delle pubbliche finanze incostituzionale per quanto di riferisce ai magistrati, poiché esso lederebbe la loro indipendenza, garantita dalla Costituzione; orbene, i costituzionalisti concordano che l’articolo 69 della Costituzione, che assegna ai membri del Parlamento una indennità stabilita dalla legge, trova la sua ragion d’essere proprio nella necessità di garantire la loro indipendenza;

– interesse ad indebolire l’Italia: quel che vale per gli interessi specifici nazionali vale, a maggior ragione, per quelli internazionali, che hanno ancora meno ostacoli dei primi ad agire, promettere e garantire posti e prebende, ed hanno ancora più interesse a saltare, sminuire o indebolire scomodi passaggi parlamentari; qualche esempio di interessi internazionali contrari ai nostri: far scendere il valore di aziende italiane strategiche o comunque pregiate per poterle comprare a buon mercato e poi valorizzarle in seguito o semplicemente per impadronirsi del marchio o ancor più semplicemente per renderle concorrenti più deboli, ovvero deviare altrove grandi correnti di traffico commerciale, oppure rendere l’Italia un mercato di facile conquista.

  

 

Le principali menzogne diffuse sui cosiddetti costi della politica

 

MENZOGNA 1: “I parlamentari non si sono tolti nulla / I parlamentari si sono aumentati i privilegi”

È vero il contrario. Complessivamente il trattamento economico dei parlamentari è stato ridotto negli ultimi otto anni all’incirca del 30%.

In particolare l’indennità lorda è scesa del 29,8% in termini reali; se teniamo conto dell’abolizione di alcuni altri benefici (limitandosi al rimborso forfettario spese viaggi di aggiornamento internazionali, ristorante a prezzi ribassati, parrucchiere gratis per i senatori/indennità parrucchiere per le senatrici, accesso ZTL a spese del Senato, indennità funeraria) il calo dal 2005 è del 40%.

Infatti, l’indennità del senatore nel 2005 era € 12.434,32, equivalenti a € 14.786,89 del 2013. Oggi è di 10.385,31. In caso di altri redditi da lavoro è di 10.064,77.

 

Dal 2005 sono stati soppressi diversi benefici:

– il rimborso spese viaggi internazionali, che ammontava nel 2005 alla cifra forfettaria di 3100 euro annui, equivalenti a € 307,21 del 2013, mensili;

– il ristorante dove, fino al 2011, si poteva godere di prezzi ribassati, all’incirca circa 6 euro per un pasto leggero (quanto si riesce ad avere nella breve pausa); si può calcolare che il beneficio fosse almeno di altrettanti euro per ogni pasto, per un totale, calcolando tre pranzi e due cene alla settimana, di 120 euro al mese;

– dalla fine del 2012, inoltre, il permesso di accesso automobilistico al centro di Roma è a carico del senatore: 593 euro all’anno (49,42 al mese) per un’utilitaria;

– la gratuità del parrucchiere (ora la barberia è stata del tutto soppressa), che costituiva un beneficio di almeno 18 euro al mese (contiamo solo i capelli e non la barba!); ma l’indennità corrispondente per le senatrici era di 150€;

– l’indennità funeraria di 2500 euro, erogata – ovviamente una tantum ! – anche agli ex senatori. Calcolando una durata media in carica di 15 anni, parliamo dell’equivalente di € 16,52 (del 2013) al mese.

In totale, un senatore del 2005 godeva di un’indennità lorda, che – sommata ai citati benefici soppressi – equivale a 17.311,03 al mese nel 2013 e a 17.605,32 nel 2014 (nel presupposto di un’inflazione bassa come oggi).

 

Altre riduzioni non incluse nel calcolo di cui sopra:

– il passaggio al contributivo per i vitalizi, con conseguente riduzione dei medesimi del 70% circa; si tratta di un taglio molto pesante poiché mediamente si percepisce il vitalizio per un periodo superiore alla durata in carica;

– il pagamento del parcheggio nell’aeroporto di origine e a Roma, fino a pochi anni fa gratuito; ora costano oltre 600€ l’uno;

– la cancellazione della gratuità del versamento dei contributi previdenziali per il lavoro dipendente dal quale si è in aspettativa; un beneficio pari a oltre 250€ al mese per uno stipendio netto di 2000;

– forte aumento delle quote dell’assistenza sanitaria integrativa e riduzione dei benefici erogati, anche qui siamo sulle centinaia di euro mensili;

– gratuità a vita su autostrade e ferrovie, stadio gratis (che comunque era concesso – senza spese – dal CONI o dalla Federazione Calcio), vitalizio prima dei 60 anni, vitalizio con meno di 5 anni di servizio parlamentare ecc.

 

Paragonando l’andamento della spesa per i senatori (dati di previsione, gli unici disponibili fino al 2012), per il Senato nel suo insieme e quella generale dello Stato dal 2007 al 2012 si evidenzia che:

– la spesa per i senatori è passata da 95 a 77 milioni (-18,9%), quella per il Senato da 582,2 a 542 (-6,9%), mentre quella dello Statoda 683,4 a 779 (+13,9%);

tenuto conto dell’inflazione, cioè in termini di valore reale, l’evoluzione è stata +2,7% per lo Stato, -16% per il Senato, -26,8% per i Senatori;

– se la spesa del Senato avesse avuto lo stesso andamento di quella per i senatori, tra il 2008 e il 2012 ci sarebbe stato un risparmio di 184 milioni;

– se la spesa dello Stato avesse seguito lo stesso andamento di quella del Senato negli stessi anni ci sarebbe stato un risparmio di oltre 384 miliardi, con un debito pubblico totale a 1650 anziché 2034; nel 2012, anziché un deficit di 48 miliardi ci sarebbe stato un avanzo di 94 miliardi!;

– se la spesa dello Stato avesse seguito lo stesso andamento di quella per i Senatori, negli stessi anni ci sarebbe stato un risparmio di oltre 647 miliardi, con un debito pubblico totale a 1387 miliardi anziché 2034; nel 2012, anziché un deficit di 48 miliardi ci sarebbe stato un avanzo di 176 miliardi!

  

MENZOGNA 2: “I parlamentari italiani sono i più pagati d’Europa”

La Commissione Giovannini non completò i suoi lavori, ma dai dati emersi, si comprese bene che se avessimo dovuto adeguarci alla media ponderata degli altri sei principali Paesi dell’area euro, come prescriveva una bizzarra norma, le spese di Camera e Senato sarebbero aumentate. Basti dire che, solo per il personale, un deputato tedesco ha a disposizione 15.798€ al mese, cioè più di quanto percepisce al netto un senatore italiano inclusi i rimborsi forfettari e rendicontati, e un rappresentante al Parlamento Europeo per la stessa voce ha 21.209€ (così sul sito ufficiale, ma fonti dirette affermano che la cifra è superiore). Un senatore italiano, allo stesso titolo, percepisce 4180€, che però includono anche altri costi, non solo quelli del personale.

Indennità netta in altri parlamenti:

UE 6200,72, Germania 6032, Francia Senato 5405,76 (di più se ci sono carichi familiari), Francia Camera 5148,77, Regno Unito 5084.

Vedi tabelle in fondo

 

MENZOGNA 3: “Il numero dei parlamentari italiani è il più alto d’Europa”

Il numero di parlamentari in Italia rispetto alla popolazione (un parlamentare ogni 62.694 abitanti) è il sesto più basso tra i ventisette Paesi della UE. Scendendo a 560 deputati e 280 senatori (cioè dell’11%) andremmo al secondo posto. Se volessimo introdurre in Italia lo stesso rapporto abitanti/parlamentare che c’è in Finlandia o in Svezia, dovremmo andare a oltre 2000 parlamentari, oltre 3000 se volessimo adeguarci a Slovenia o Irlanda, e ben oltre i 5000 per imitare Cipro, Malta e Lussemburgo.

La Germania, con i suoi 603 deputati e i 69 membri del Bundesrat formato dai governi dei Länder (equivalenti alle nostre regioni), ha il più basso numero di parlamentari rispetto alla popolazione. Ma, rispetto ai nostri 1070 consiglieri regionali (che le norme in vigore porteranno dalle prossime elezioni a meno di 900), in Germania ce ne sono bel 1875, assai più pagati. Sommando parlamentari e consiglieri regionali, in Italia si arriva, con le norme attuali, a circa di 1850 rispetto ai 2478 della Germania: uno ogni 32mia abitanti in Italia, 1 ogni 33 mila in Germania.

Poiché viene spesso citato il parlamento di Washington per l’esiguo numero dei suoi membri, è bene sapere che ciascuno dei 100 senatori degli Stati Uniti ha a disposizione per le spese del suo ufficio una somma pari al corrispondente contributo di supporto di ben 48 (quarantotto) senatori italiani. In altre parole, per quella voce, 7 senatori americani costano più dei 318 italiani.

 

MENZOGNA 4: “Solo in Italia i rimborsi sono forfettari”

In primo luogo la metà del contributo di supporto non è forfettaria ma si eroga a fronte di giustificativi. E la diaria è commisurata alla partecipazione alle votazioni, in Aula e nelle Commissioni. È piuttosto vero che solo nel Regno Unito i rimborsi sono da rendicontare. In numerosi Paesi il personale del parlamentare è preso in carico dall’istituzione, ma le spese relative sono di gran lunga superiori ai 4180€ con cui il senatore deve provvedere a ogni necessità inerente il suo mandato, con la sola eccezione di quelle relative al soggiorno a Roma e ai trasporti. In Germania i rimborsi forfettari sono 4123€ (ma a Berlino hanno l’auto di servizio), al Senato Francese 6240 (con l’alloggio a Parigi pagato a parte), al Parlamento Europeo 9163.

 

 

MENZOGNA 5: “Sulle spese delle Camere e sul trattamento economico dei parlamentari non c’è trasparenza / Negli altri Paesi c’è più trasparenza su…”

È vero il contrario. Per quanto riguarda il Senato, parallelamente alla Camera dei Deputati, le informazioni fornite, e peraltro disponibili a tutti attraverso la Rete informatica, non solo sono complete, ma trovano riscontro in dettagliati bilanci, anch’essi totalmente pubblici. Ciò consente di accertare che i dati forniti relativi ai parlamentari corrispondono al totale delle voci che li riguardano. Va anche osservato  che i parlamentari sono le sole figure della Repubblica Italiana delle quali è dato sapere anche natura e entità dei rimborsi e delle gratuità, nonché i costi delle persone alle loro dirette dipendenze.

Molto diversa è la situazione all’estero. A parte il parlamento del Regno Unito (il cui bilancio è peraltro concentrato in poche voci, senza dettagli, dunque non controllabile), approfondite ricerche non hanno consentito di reperire neppure i saldi dei bilanci dei principali parlamenti esteri, a cominciare da quelli di Germania, Francia, Paesi Bassi, Belgio, Spagna e Austria oggetto dell’indagine della “Commissione Giovannini”, in quanto i sei principali dell’area euro.

Un esempio di opacità: il parlamento del Belgio. I siti ufficiali di Senato (www.senate.be) e Camera (www.dekamer.be) non contengono alcuna notizia sul trattamento economico dei parlamentari, né vi si reperiscono i rispettivi bilanci interni. L’unico dato pubblico è il limite delle rispettive dotazioni finanziarie, reperibile non nei loro siti, ma nel bilancio generale del Regno. Un esempio di (opaca) sinteticità: l’Austria. Tutto quel che viene riportato nel sito del parlamento di Vienna sul trattamento economico dei deputati e sui mezzi a loro disposizione è questo: “L’ammontare dei salari lordi mensili dei membri del Nationalrat è attualmente qualcosa più di 8000€. Inoltre, secondo il Regolamento del Personale del Parlamento, tutti i membri del Nationalrat hanno diritto a una erogazione fissa mensile per impiegare fino a due assistenti“. Dalla Relazione Giovannini sappiamo che ci sono anche delle spese di rappresentanza, omesse nel sito. Secondo i dati che essa riporta, però, la menzionata erogazione per impiegare “fino a due” assistenti, sarebbe di 2387€ lordi mensili, cifra che desta perplessità, sapendo che lo stipendio medio lordo dell’impiegato pubblico in Austria è di 4165€ mensili. Anche in questo caso, non è dato di trovare il bilancio interno dei rami del Parlamento.

 

MENZOGNA 6: “Solo in Italia ci sono (c’erano) i vitalizi per i parlamentari”

In realtà, per i parlamentari italiani dal 2012 in Italia non c’è più il vitalizio, ma solo un trattamento corrispondente a quello che ogni datore di lavoro è obbligato a garantire ai propri dipendenti. Se un datore di lavoro non lo fa è soggetto a pesanti sanzioni, oltre naturalmente a dover provvedere ai versamenti relativi. In Germania si acquisisce il diritto al vitalizio dopo un solo anno di carica (contro i 5 dell’Italia) e per ogni anno verrà corrisposto il 2,5% dell’indennità, con un massimo del 67,5%. Con la vecchia disciplina dei vitalizi in Italia non si poteva superare il 60%. Con quella attuale si arriverebbe al 67,5% solo con 40 anni di Parlamento, dunque oltre l’età pensionabile! In Francia la quota è del 3,5% per cento ogni anno, circa il triplo di quanto avviene da noi con il nuovo sistema contributivo.

 

MENZOGNA 7: “I parlamentari hanno il privilegio di cure mediche gratuite”

Falso. C’è un’assistenza sanitaria integrativa che non rimborsa mai più dell’80% delle spese sostenute, con numerosi tetti e condizioni, a fronte di versamenti di notevole importo con i quali si potrebbe facilmente passare un’assicurazione privata, che però non vorrebbe farsi carico di coloro che oggi sono anziani e malati, che però hanno iniziato a pagare al Senato quando erano giovani e sani. I giornalisti hanno un sistema simile, che però rimborsa il 100% delle spese. “Sorprende” perciò lo scandalismo di molti di loro di fronte alla nostra assistenza integrativa. Peraltro, la maggior parte delle spese della nostra assistenza sgrava il sistema sanitario nazionale che ci pagherebbe comunque le cure.

 

MENZOGNA 8: “I parlamentari godono di sconti e convenzioni varie, a spese del contribuente”

Falso. Moltissimi operatori commerciali propongono sconti e facilitazioni a varie categorie. Se anche ciò fosse fatto a favore dei senatori, non ci sarebbe alcun costo da parte del contribuente. Se tali casi esistono sono comunque molto pochi e non sempre convenienti. Ad esempio, chi si avvale delle tariffe “VIP/Parlamentari” di due note compagnie della telefonia mobile spende tre o quattro volte di più di chi si avvale delle tariffe rivolte a chiunque.

 

MENZOGNA 9: “I parlamentari lavorano poche ore la settimana / I parlamentari italiani lavorano meno di quelli degli altri Paesi”

Se si calcolano solo le ore di seduta d’Aula e si comparano a quelle di una ordinaria settimana lavorativa, ovviamente sono poche. Restano relativamente poche anche se si aggiungono le sedute delle commissioni. Ma sarebbe come valutare l’impegno di un docente, di un avvocato o di un magistrato sulla sola presenza nelle rispettive aule, o di uno sportivo sulla durata delle gare, o di un giornalista solo sul tempo necessario alla redazione materiale dei suoi articoli.

Per i parlamentare ci sono le riunioni formali e informali di gruppo, di partito, dei vari settori di interesse attinenti il lavoro parlamentare. C’è il tempo da dedicare allo studio dei provvedimenti e delle materie inerenti, a scrivere disegni di legge, mozioni, interrogazioni, emendamenti e altri strumenti che costituiscono l’oggetto dei lavori di aula e commissione. Inoltre, c’è il contatto con le realtà di territorio, di categoria, di partito, il famoso contatto con la “società civile” (altro esempio di linguaggio mistificatorio: per definizione, da prima di Aristotele, non c’è nulla di più “civile” della politica!), con “la gente”. Un altro luogo comune del linguaggio della propaganda anti democratica è “il distacco della politica (o della “classe politica”, attenuazione di “casta”) dalla gente”. Ma se stiamo chiusi nei palazzi romani da lunedì al venerdì chi la vede più “la gente”? Quale tipo di contatto c’è con gli elettori, se non di sabato e domenica, quando la maggior parte dei cittadini si dedicano allo svago o alla famiglia (cosa che non sarebbe male facessero, tra un evento pubblico e l’altro, anche i parlamentari)?

Quanto agli altri Paesi, giova sapere che:

– il Senato francese ha tenuto seduta per 135 giorni nel 2010/2011 e per 94 nel 2011/2012, con 25 giorni di pausa a fine/inizio d’anno e 41 in estate;

– il Bundestag tedesco nel 2012 ha tenuto seduta per 21 settimane, con 23 giorni di pausa a Pasqua, 32 a Natale e 65 in estate; per non parlare del Bundesrat, con le sue 11-13 sedute annuali;

– la Nationalrat, la principale camera austriaca ha tenuto 47 sedute nel 2011, e 39 nel 2010 della Nationalrat;

– il Congreso de los Diputados spagnolo, nel 2012 ha tenuto seduta per 77 giorni, con 18 giorni di pausa a Pasqua, 48 per l’estate, 40 a Natale (per le feste di fine/inizio anno 2011-2012 ci fu una sola seduta nei 48 giorni che vanno dal 20 dicembre al 6 febbraio);

– solo la Camera dei Comuni del Regno Unito si avvicina a noi, con 148 giorni di seduta all’anno.

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