COSTI POLITICA. NOTIZIE UTILI SULLA RIDUZIONE DEL NUMERO DEI PARLAMENTARI

E’ VERO CHE “IL NUMERO DEI PARLAMENTARI ITALIANI È IL PIÙ ALTO D’EUROPA” (MA CHE DICO D’EUROPA, DEL MONDO!)?

Il numero di parlamentari in Italia rispetto alla popolazione (1,57 parlamentari ogni 100mila abitanti) è il sesto più basso tra i ventisette paesi della UE. Basterebbe scendere a 560 deputati e 280 senatori (con una riduzione cioè dell’11%) per andare al secondo posto. Se volessimo introdurre in Italia lo stesso rapporto abitanti/parlamentare che c’è in Finlandia o in Svezia, dovremmo andare a oltre 2000 parlamentari (1400 deputati e 700 senatori, per dare un’idea: occorrerebbe trovare nuove sedi perché gli attuali palazzi non potrebbero contenerli), oltre 3000 se volessimo adeguarci a Slovenia o Irlanda, e ben oltre i 5000 per imitare Cipro, Malta e Lussemburgo.

Ecco un grafico molto chiaro. Ma qualcuno ha il coraggio di dire che siamo il paese con più parlamentari.

 

 

Con la riforma costituzionale su cui ci si esprimerà in un referendum che si terrà in autunno, si andrebbe ben sotto: con 400 deputati e 200 senatori, cioè 1,00 parlamentari ogni 100mila abitanti.

Con la riduzione del numero dei parlamentari, insomma, l’Italia diventerebbe il secondo paese con meno parlamentari in rapporto alla popolazione, avendone tuttavia più della Germania. Ma:

  • è vero che la Germania ha meno parlamentari, “meno politici” dell’Italia?

Oggi l’Italia ha 950 parlamentari (incluso i 5 senatori a vita), se passa la riforma ne avrà 605, rispetto ai 778 della Germania (709 deputati e 69 membri del Bundesrat formato dai governi dei Länder, equivalenti alle nostre regioni). L’Italia ha però 60 milioni di cittadini e la Germania 83: dunque la Germania ha 0,94 parlamentari ogni 100mila abitanti, Italia 1,57 oggi e 1,00 con la riduzione.

Ma la Germania è uno stato federale come dice la sua legge fondamentale. È infatti costituita da 16 Länder, ciascuno con la sua corposa assemblea, che corrisponde a un nostro consiglio regionale, ha più potere, compensi e dotazioni più alti. Rispetto ai nostri 897 consiglieri regionali, in Germania ce ne sono ben 1875.

  GERMANIA ITALIA ITALIA con riduzione parlamentari Note
Abitanti (Wikipedia) 83.019.213 60.359.546    
Parlamentari nazionali 778 950 605  
Länder o Regioni 16 20    
Consiglieri regionali o di Land 1875 897    
Parlamentari nazionali                      + Consiglieri regionali o di Land 2584* 1847 1502 *non sono contati i membri del Bundesrat in quanto anche membri delle asemblee di Land
Parlamentari nazionali                      + Consiglieri regionali o di Land ogni 100mila abitanti 3,11 3,06 2,49  
Distretti o province/città metropolitane 294 107    
Consiglieri di distretto (Kreis) o provinciali circa 18000 1274*   *non pagati e in gran parte sindaci, dunque non andrebbero calcolati (ma qui lo sono)
Sindaci 10795 7904    
Totale eletti pagati                       (esclusi consiglieri comunali) Circa 31000 9751 9406  
Totale eletti pagati                       (esclusi consiglieri comunali) ogni 100mila abitanti 37 16,1 15,6  

 

Sommando parlamentari e consiglieri regionali, in Italia si arriva, senza riduzione del numero dei parlamentari, a della Germania: 3,06 ogni 100mila abitanti in Italia, 3,11 in Germania.

Dunque, già oggi abbiamo ampiamente meno legislatori della Germania, 1847 rispetto a 2584, e ne abbiamo meno anche tenendo conto della maggior popolazione tedesca. Se passerà la riduzione di deputati e senatori, il rapporto in Italia sarà di 2,49 eletti ogni 100mila abitanti.

E quei 2478 eletti della Germania hanno molti più mezzi, cioè soldi, dei nostri.

Sui parlamentari nazionali vedi più avanti sotto “Menzogna 2”. Ma il divario è ancora maggiore a livello regionale (o di Land).

Parliamo ad esempio della “regione” (Land) tedesca più vicina all’Italia, la Baviera. Ciascuno dei 205 consiglieri bavaresi (la Baviera ha 13 milioni di abitanti, poco più dei 10 milioni della Lombardia, che ha però solo 80 consiglieri), ha una indennità lorda di 8445 euro lordi cioè 5533 euro mensili netti. Assai più dei colleghi lombardi, che percepiscono 6325 lordi, circa 3800 netti. I consiglieri lombardi, hanno anche un rimborso spese complessivo che non supera complessivamente i 4218 euro mensili, mentre i loro colleghi bavaresi hanno tre voci: un rimborso forfettario generale di 3529 euro mensili, paga e contributi per collaboratori scelti del consigliere fino a 11.165 euro mensili, un ulteriore rimborso per spese di informazione e comunicazione pari a 20 euro al mese. Costo totale mensile di un consigliere lombardo circa 8000 euro al mese, quello di ognuno dei consiglieri bavaresi (che sono due volte più numerosi), circa 20.200 euro al mese.

N.B. Fin qui l’articolo è stato rivisto nell’aprile 2020. Da qui in poi possono essere necessari aggiornamenti, in quanto i parlamenti esteri, a cominciare da quello tedesco rivalutano periodicamente i compensi dei parlamentari.

La Germania ha poi circa 18mila consiglieri di oltre 400 di distretto (Kreis), tutti pagati, mentre l’Italia ha 1274 consiglieri delle 108 province, non pagati.

 

  • E’ vero che deputati e senatori USA, essendo pochi, costano meno di quelli italiani?

 

Poiché viene spesso citato il parlamento di Washington per l’esiguo numero dei suoi membri, è bene sapere che ciascuno dei 100 senatori degli Stati Uniti ha a disposizione per le spese del suo ufficio una somma pari al corrispondente contributo di supporto di ben 48 (quarantotto) senatori italiani. In altre parole, per quella voce, che è la principale, 7 senatori americani costano più dei 318 italiani.

Soprattutto, va detto che gli USA sono uno stato federale composto di 50 stati, ciascuno con Camera e Senato, tranne il Nebraska che ha solo il Senato. In totale più di 8mila.

 

 

 

 

Le principali menzogne sui cosiddetti costi della politica

MENZOGNA 1: “I parlamentari non si sono tolti nulla / I parlamentari si sono aumentati i privilegi”

È vero il contrario. Dal 2005 il trattamento economico complessivo dei parlamentari è stato ridotto all’incirca del 30%, calcolando sia quello immediato (l’indennità e i benefit che c’erano nel 2005) sia quello differito (la pensione/vitalizio)

In particolare l’indennità lorda è scesa del 31,1% in termini reali, oltre il 33,3% per chi ha altri redditi.

Infatti, l’indennità lorda del senatore nel 2005 era € 12.434,32. (1,213). Oggi è di 10.385,31, equivalenti a 8561,67 euro del 2005. In presenza di altri redditi da lavoro è di 10.064,77.

Dopo il 2005 sono stati soppressi diversi benefici:

  • il rimborso spese viaggi internazionali, che ammontava nel 2005 alla cifra forfettaria di 3100 euro annui, € 258,33 mensili;
  • il ristorante, dove, fino al 2011, si poteva godere di prezzi ribassati, all’incirca circa 6 euro per un pasto leggero (quanto si riesce ad avere nella breve pausa); si può calcolare che il beneficio fosse almeno di altrettanti euro per ogni pasto, per un totale, calcolando tre pranzi e due cene alla settimana, di 120 euro al mese;
  • dalla fine del 2012, inoltre, il permesso di accesso e sosta con auto al centro di Roma è a carico del senatore: oggi 2432 euro all’anno (equivalente a 167,08 euro del 2005 al mese) per un’utilitaria;
  • la gratuità del parrucchiere (ora la barberia è stata del tutto soppressa), che costituiva un beneficio di almeno 25 euro dell’epoca al mese (contiamo solo i capelli e non la barba!); ma l’indennità corrispondente per le senatrici era di 150€;
  • l’indennità funeraria di 2500 euro, erogata – ovviamente una tantum ! – anche agli ex senatori. Calcolando una durata media in carica di 10 anni, parliamo dell’equivalente di € 20,83 al mese:
  • il parcheggio all’aeroporto di partenza e a Roma erano gratuiti; ora a Roma e nella maggior parte degli aeroporti da cui partono i senatori non c’è più alcuna agevolazione; calcolando solo il costo di Roma, siamo a non meno di 3mila euro all’anno, equivalenti 206,10€ del 2005 al mese.

In totale, un senatore del 2005 godeva di un’indennità lorda, che – sommata ai citati benefici soppressi – era 13.231,34. L’indennità di oggi equivale 8561,67 euro del 2005. Questo vuol dire una riduzione del 35,3%, che sale a 37,5% per chi percepisce altro reddito.

Ma c’è anche la pensione/vitalizio. A fine 2011, insieme a tutti gli altri lavoratori, c’è stato il passaggio al sistema contributivo anche per i parlamentari, con conseguente riduzione dei medesimi del 70% circa per chi ha fatto una sola legislatura, del 60% per chi ne ha fatte 2. Già nel 2007 si era alzata l’età pensionabile di 5 anni, sia per chi ha una sola legislatura, sia per chi ne ha 2. Di conseguenza, il totale di quanto percepisce di pensione/vitalizio un ex parlamentare che muoia a 80 anni è sceso del 78% per chi ha servito per una legislatura e del 69% per due legislature.

Va aggiunto che nel 2018 questo calcolo è stato esteso a tutti gli ex parlamentari, contrariamente a quanto è avvenuto per tutti gli altri pensionati. Cioè: a persone, anche di 80 o 90 anni è stata ricalcolata la pensione con tagli che arrivano anche al 75%

IL TOTALE DI QUANTO PERCEPISCE IN TOTALE (indennità lorda + benefici aboliti dopo il 2005 + pensione/vitalizio lorda) UN PARLAMENTARE CHE SERVA PER DUE LEGISLATURE E’ SCESO DAL 2005 AD OGGI DEL 50,3%. Il famoso dimezzamento c’è già stato.

E ci sono altre riduzioni non incluse nel calcolo di cui sopra.

 

  • la cancellazione della gratuità del versamento dei contributi previdenziali per il lavoro dipendente dal quale si è in aspettativa; un beneficio pari a oltre 250€ al mese per uno stipendio netto di 2000;
  • forte aumento delle quote dell’assistenza sanitaria integrativa e riduzione dei benefici erogati, anche qui siamo sulle centinaia di euro mensili, che ha portato il fondo relativo al costante pareggio, dunque le prestazioni da esso erogate sono pagate dagli stessi senatori;
  • abolizione della gratuità a vita su autostrade e ferrovie (qualche centinaio di euro all’anno), stadio gratis (che comunque era concesso – senza spese a carico del contribuente – dal CONI o dalla Federazione Calcio),
  • soppressione della pensione per chi ha meno di 5 anni di servizio parlamentare; di conseguenza un eletto in Parlamento che lascia il proprio lavoro (cosa obbligatoria per un dipendente) e per qualsiasi ragione non raggiunga i 4 anni 6 mesi e 1 giorno di servizio, ha un buco contributivo con tutte le conseguenze: pensione più tardi e più bassa senza ricevere nulla da Camera e Senato; molto più conveniente restare dov’era, anche se guadagnava poco;
  • soppressione della pensione in caso di condanna a più di due anni, cosa che non avviene per nessun altro lavoratore e per nessun reato; il più efferato assassino e stupratore non ha alcuna riduzione della pensione, ma solo – se li ha – dei benefici di carattere assistenziale, come la pensione sociale (cioè senza contributi versati) o l’accompagnamento;
  • sospensione della pensione ove si rivestano altre cariche politiche o para-politiche (cosa assurda visto che ora il calcolo è contributivo), senza che poi di questa sospensione venga tenuto conto nell’effettuare il calcolo (in pratica: uno lascia il Parlamento a 65 anni perché viene eletto sindaco; prenderà la pensione solo a 70 anni ma con le penalizzazioni come se avesse 65 anni).

Paragonando l’andamento della spesa per i Senatori, per il Senato nel suo insieme e quella generale dello Stato dal 2007 al 2017 si evidenzia che:

  • la spesa per i senatori è passata da 95 a 76,9 milioni (-19,1%), quella per il Senato da 582,2 a 488,9 milioni (-16%), mentre quella dello Stato da 683,4 a 882,9 miliardi (+29,2%);
  • tenuto conto dell’inflazione, cioè in termini di valore reale, l’evoluzione è stata +14,1% per lo Stato, -31,1% per il Senato, -34,1% per i Senatori in carica;
  • se la spesa dello Stato avesse seguito lo stesso andamento di quella per i Senatori, nel 2017, anziché un deficit di 41 miliardi ci sarebbe stato un avanzo di 290 miliardi, di che ripagare il 12% del debito pubblico in un solo anno!

Numeri ancora molto più pesanti ci saranno calcolando la spesa pensionistica degli ex senatori, destinata a ridursi tra il 50% e il 70% non appena si avrà il rendiconto sull’applicazione – già in corso – della delibera del 2018 che introduce il calcolo contributivo retroattivo. Tale effetto si sarebbe comunque prodotto per il passaggio al contributivo avvenuto a fine 2011, sia pure in modo più graduale.

MENZOGNA 2: “I parlamentari italiani sono i più pagati d’Europa”

Nel 2012 il governo affidò una commissione di esperti, presieduta da Enrico Giovannini, professore di statistica economica e all’epoca presidente dell’Istat, il compito di capire se i parlamentari italiani guadagnavano più o meno di quelli degli altri principali paesi europei. Dopo un anno di lavoro, la Commissione disse che non era possibile fare confronti adeguati per l’eterogeneità delle diverse situazioni e per l’impossibilità di raccogliere dati completi sugli altri paesi, i quali – a differenza dell’Italia dove Camera e Senato pubblicano da decenni ogni voce sui siti internet, unitamente a dettagliati bilanci dai quali si può avere il riscontro complessivo – mantengono una certa riservatezza sui compensi, le dotazioni e le gratuità garantite ai loro parlamentari. La Commissione Giovannini non completò dunque i suoi lavori, ma dalla relazione provvisoria si comprese bene che se avessimo dovuto adeguarci alla media ponderata degli altri sei principali paesi dell’area euro, come prescriveva una bizzarra norma infilata dal ministro Tremonti nella legge finanziaria, le spese di Camera e Senato anziché aumentare sarebbero diminuite. Basti dire che, solo per il personale, un deputato tedesco ha a disposizione 21.536€ al mese, cioè più della somma di indennità lorda + tutti i rimborsi forfettari e rendicontati, incluso quello per il personale, di un senatore italiano, e un rappresentante al Parlamento Europeo per la stessa voce ha 24.526€. Un senatore italiano, allo stesso titolo, percepisce 4180€, somma che però include anche altri costi, non solo quelli del personale.

Indennità netta, l’unica parte del trattamento economico di un parlamentare che è veramente stipendio. Il resto sono rimborsi spesa, di cui parleremo. Il netto rappresenta il costo per lo Stato, visto che le trattenute previdenziali e fiscali vanno allo Stato stesso.

Italia (Camera e Senato) 5000, UE 6824,85, Germania (Bundestag) 6813,97, Francia (Assemblée Nationale 5715,43 (di più se ci sono figli a carico, che in Italia invece non comportano alcuna detrazione fiscale), Regno Unito 5059.

 

MENZOGNA 3: “Solo in Italia i rimborsi sono forfettari”

In primo luogo, la metà del contributo di supporto non è forfettaria ma si eroga a fronte di giustificativi. Se i giustificativi non ci sono o non sono riferibili a spese inerenti lo svolgimento del mandato, o a spese coperte dalla diaria, la somma viene trattenuta dalla Camera o dal Senato, o, se già erogata, viene richiesta indietro. La diaria è poi commisurata alla partecipazione alle votazioni, in Aula e nelle Commissioni. Spesso la si perde non perché si sta a far nulla chissà dove ma perché si deve partecipare a una riunione di partito, un incontro pubblico, un convegno, un dibattito televisivo. È piuttosto vero che solo nel Regno Unito i rimborsi sono da rendicontare. In numerosi paesi il personale del parlamentare è preso in carico dall’istituzione, ma le spese relative sono di gran lunga superiori ai 4180€ con cui il senatore deve provvedere anche a ogni altra necessità inerente il suo mandato, ivi incluso il consulente del lavoro o del commercialista per gestire il rapporto di lavoro col collaboratore, con la sola eccezione di quelle relative al soggiorno a Roma, ai trasporti o alle spese telefoniche. In Germania i rimborsi forfettari sono 8836,18 (e a Berlino hanno l’auto di servizio), all’Assemblea Nazionale francese 5373 (con l’alloggio a Parigi pagato a parte), al Parlamento Europeo 9163.

Dal sito del Bundestag: “Il legislatore ha optato per l’indennità forfettaria, in quanto questo è il modo più appropriato di rispettare il principio di un mandato libero sancito dalla Costituzione. Inoltre, un importo forfettario basato sul costo medio è il più equo per tutti i deputati al PE e rappresenta la soluzione economicamente più vantaggiosa. Tenere conto delle spese dei singoli aumenterebbe di molto le spese del Bundestag”.

MENZOGNA 4: “Sulle spese delle Camere e sul trattamento economico dei parlamentari non c’è trasparenza / Negli altri paesi c’è più trasparenza su…”

È vero il contrario. Per quanto riguarda il Senato, parallelamente alla Camera dei Deputati, le informazioni fornite, e peraltro disponibili a tutti attraverso internet, non solo sono complete, ma trovano riscontro in dettagliati bilanci, anch’essi totalmente pubblici. Ciò consente di accertare che i dati forniti relativi ai parlamentari corrispondono al totale delle voci che li riguardano. Va anche osservato che i parlamentari sono le sole figure della Repubblica Italiana delle quali è dato sapere anche natura e entità dei rimborsi e delle gratuità, nonché i costi delle persone alle loro dirette dipendenze.

Molto diversa è la situazione all’estero. A parte il parlamento del Regno Unito (il cui bilancio è peraltro concentrato in poche voci, senza dettagli, dunque non controllabile), approfondite ricerche non hanno consentito di reperire neppure i saldi dei bilanci dei principali parlamenti esteri, a cominciare da quelli di Germania, Francia, Paesi Bassi, Belgio, Spagna e Austria oggetto dell’indagine della “Commissione Giovannini”, in quanto i sei principali dell’area euro.

Un esempio di opacità: il parlamento del Belgio. I siti ufficiali di Senato (www.senate.be) e Camera (www.dekamer.be) non contengono alcuna notizia sul trattamento economico dei parlamentari, né vi si reperiscono i rispettivi bilanci interni. L’unico dato pubblico è il limite delle rispettive dotazioni finanziarie, reperibile non nei loro siti, ma nel bilancio generale del Regno. Un esempio di (opaca) sinteticità: l’Austria. Tutto quel che viene riportato nel sito del parlamento di Vienna sul trattamento economico dei deputati e sui mezzi a loro disposizione è questo: “L’ammontare dei salari lordi mensili dei membri del Nationalrat è attualmente qualcosa più di 8000€. Inoltre, secondo il Regolamento del Personale del Parlamento, tutti i membri del Nationalrat hanno diritto a una erogazione fissa mensile per impiegare fino a due assistenti“. Dalla Relazione provvisoria della Commissione Giovannini sappiamo che ci sono anche delle spese di rappresentanza, omesse nel sito. Secondo i dati che essa riporta, però, la menzionata erogazione per impiegare “fino a due” assistenti, sarebbe di 2387€ lordi mensili, cifra che desta perplessità, sapendo che lo stipendio medio lordo dell’impiegato pubblico in Austria è di 4165€ mensili. Anche in questo caso, non è dato di trovare il bilancio interno dei rami del Parlamento.

 

MENZOGNA 5: “Solo in Italia ci sono (c’erano) i vitalizi per i parlamentari”

In realtà, per i parlamentari italiani dal 2012 in Italia non c’è più il vitalizio, ma solo un trattamento corrispondente a quello che ogni datore di lavoro è obbligato a garantire ai propri dipendenti. Se un datore di lavoro non lo fa è soggetto a pesanti sanzioni, oltre naturalmente a dover provvedere ai versamenti relativi. In Germania si acquisisce il diritto alla pensione dopo un solo anno di carica (contro i 5 dell’Italia) e per ogni anno verrà corrisposto il 2,5% dell’indennità, con un massimo del 67,5%. Con la vecchia disciplina dei vitalizi in Italia non si poteva superare il 60%. Con quella attuale si arriverebbe al 67,5% solo con 40 anni di Parlamento, dunque oltre l’età pensionabile! In Francia la quota è del 3,5% per cento ogni anno, circa il triplo di quanto avviene da noi con il nuovo sistema contributivo.

 

MENZOGNA 6: “I parlamentari hanno il privilegio di cure mediche gratuite”

Falso. C’è un’assistenza sanitaria integrativa che non rimborsa mai più dell’80% delle spese sostenute, con numerosi tetti e condizioni, a fronte di versamenti di notevole importo con i quali si potrebbe facilmente passare un’assicurazione privata, che però non vorrebbe farsi carico di coloro che oggi sono anziani e malati, che però hanno iniziato a pagare al Senato quando erano giovani e sani. I giornalisti hanno un sistema simile, che però rimborsa una percentuale maggiore delle spese. “Sorprende” perciò lo scandalismo di molti di loro di fronte alla nostra assistenza integrativa. Peraltro, la maggior parte delle spese della nostra assistenza sgrava il sistema sanitario nazionale che ci pagherebbe comunque le cure.

 

MENZOGNA 7: “I parlamentari godono di sconti e convenzioni varie, a spese del contribuente”. 

Falso. Moltissimi operatori commerciali propongono sconti e facilitazioni a varie categorie. Se anche ciò fosse fatto a favore dei senatori, non ci sarebbe alcun costo da parte del contribuente. Se tali casi esistono sono comunque molto pochi e non sempre convenienti. Ad esempio, chi si è avvalso delle tariffe “VIP/Parlamentari” di due note compagnie della telefonia mobile ha speso tre o quattro volte di più di chi si pagava le tariffe rivolte a chiunque.

 

MENZOGNA 8: “I parlamentari lavorano poche ore la settimana / I parlamentari italiani lavorano meno di quelli degli altri paesi.”

Se si calcolano solo le ore di seduta d’Aula e si comparano a quelle di una ordinaria settimana lavorativa, ovviamente sono poche. Restano relativamente poche anche se si aggiungono le sedute delle commissioni. Ma sarebbe come valutare l’impegno di un docente, di un avvocato o di un magistrato sulla sola presenza nelle rispettive aule, o di uno sportivo sulla durata delle gare, o di un giornalista solo sul tempo necessario alla redazione materiale dei suoi articoli o alla sua presenza in video o in radio.

Per i parlamentare ci sono le riunioni formali e informali di gruppo, di partito, dei vari settori di interesse attinenti il lavoro parlamentare. C’è il tempo da dedicare allo studio dei provvedimenti e delle materie inerenti, a scrivere disegni di legge, mozioni, interrogazioni, emendamenti e altri strumenti che costituiscono l’oggetto dei lavori di aula e commissione. Inoltre, c’è il contatto con le realtà di territorio, di categoria, di partito, il famoso contatto con la “società civile” (altro esempio di linguaggio mistificatorio: per definizione, fin dai miei tempi (V secolo a.C.), non c’è nulla di più “civile” della politica!), con “la gente”. Un altro luogo comune del linguaggio della propaganda anti democratica è “il distacco della politica (o della “classe politica”, attenuazione di “casta”) dalla gente”. Ma se steste chiusi nei palazzi romani da lunedì al venerdì chi la vede più “la gente”, gli elettori, se non di sabato e domenica, quando la maggior parte dei cittadini si dedicano allo svago o alla famiglia (cosa che non sarebbe male faceste anche voi parlamentari) e non hanno voglia di essere scocciati dal politico di turno?

Quanto agli altri paesi, ecco un confronto con gli altri grandi paesi dell’Unione Europea:

Settimane in cui si è riunita l’Aula plenaria Giorni di pausa natalizia Giorni di pausa estiva
Italia Camera (2017) 44 17 40
Italia Senato (2017) 44 17 40
Germania Bundestag (2019) 21 24 72
Francia Assemblea Nazionale (2018) 41 25 41

 

Per tutti è stato individuato l’ultimo anno disponibile, senza elezioni politiche. Per la Germania, avendo i lavori programmati in larghissimo anticipo (è già disponibile il calendario fino a dicembre 2020) è stato possibile indicare persino l’anno corrente. Non si è tenuto conto della seduta lampo della Camera dei Deputati del 4 gennaio 2017.

ANALISI DEI DATI DI BASE

La tabella e il grafico seguenti mostrano che il costo singolo dei senatori italiani è assai inferiore a quello dei parlamentari degli altri principali paesi europei e dei membri del Parlamento Europeo, nonostante non vengano qui calcolate alcune voci di spesa di altri paesi, come l’auto di servizio per i deputati tedeschi, e di cui non esiste quantificazione.

COSTO SINGOLO PARLAMENTARE Indennità netta Diaria Supporto Spese generali TOTALE Benefici aggiuntivi non quantificati
Senato 4839 3500 4180 1650     14.169
Senato con altro reddito 4593 3500 4180 1650     13.923
Germania 6698 4123 2391 1000     26.953  Auto di servizio a Berlino
UK 5084,37 2657,64 11390,23 2456,95     19.291
Francia Senato 5385 6240,18 9435     21.081  Soggiorno a Parigi, telefono
Francia Assemblea 5148,77 5770 11880     22.799  Telefono (soggiorno a Parigi?)
Parlamento Europeo 6400 4864 23292 4652,58     36.926

 

 

 

 

Ma qualcuno osserverà che, a causa del gran numero dei parlamentari italiani, il costo totale sarà superiore nel nostro Paese.

 

 

 

 

Ecco dunque i costi totali dei parlamentari negli stessi paesi.

COSTO                                             Costo

 PARLAMENTARI                           Singolo

Costo totale  
Italia*      169.327    160.522.299   
Germania**      323.436    195.031.908   
UK***      231.490    150.468.630   
Francia      252.971    232.733.578   
Parlamento Europeo      443.116    334.109.162   
* Calcolando costi deputati uguali ai senatori e 1/4 di percettori di altri redditi
** Non sono calcolati i costi dei membri del Bundesrat, pagati dai Laender
*** Incluso i membri della Camera dei Lords, che, tradizionalmente nobili, non sono pagati, ma godono di rimborsi spese e diaria

 

COSTO TOTALE DEI PARLAMENTARI

Dunque, anche il costo totale dei parlamentari è inferiore a quello degli altri grandi paesi europei, nonostante il numero di senatori e deputati, peraltro tra i più bassi dell’Unione Europea, in rapporto alla popolazione. 

Questo avviene anche perché il numero dei parlamentari italiani non è così sproporzionato.

 

Vero è che la Germania ha un numero di abitanti superiore all’Italia. Vediamo dunque quanto costa il singolo parlamentare ai singolo cittadino.

 

Nota bene: il costo è in centesimi di euro. Dunque, ogni senatore italiano costa poco più di 2 centesimi di centesimi di euro al mese ad ogni italiano: 0,0002 €. Insomma con un centesimo il cittadino italiano paga il costo di un senatore per 3 anni e 4 mesi.

 

Vediamo ora il costo di tutti i parlamentari per ogni cittadino.

 

 

Anche sotto questo punto di vista i parlamentari italiani costano assai meno degli altri: 23 centesimi al mese, 2,76€ all’anno. Meno che comprare un quotidiano ogni cinque mesi. Una copia del libro La Casta costa al singolo cittadino quanto tutti i parlamentari per 6 anni e 6 mesi.

 

Qualcuno obietterà che occorre tenere conto dei diversi livelli di reddito, notoriamente più alti in Germania. Ecco dunque il dato rapportato al reddito pro capite dei quattro principali paesi dell’Unione Europeo.

 

 

Nel sito del Bundestag di Berlino viene spiegato che “il livello dei compensi per i deputati non deve essere tale da dissuadere le persone meglio pagate dal candidarsi al parlamento”.

“… la remunerazione deve essere la stessa per tutti i membri, deve salvaguardare la loro indipendenza e consentire loro di vivere in maniera consona all’importanza del loro ufficio. Tale principio fu stabilito come norma vincolante dalla Corte Costituzionale Federale nel 1975… La nozione di base è che tutti gli eletti devono essere in grado di svolgere le loro molteplici funzioni nel modo più efficace possibile”   

Insomma. La campagna anti-parlamentare è fondata in massima parte su un cumulo di menzogne.

Chi porta avanti qualunque causa con le menzogne ha evidentemente cattive intenzioni. In questo caso, c’è la volontà di gettare fango su senatori e deputati che sono le uniche persone a livello nazionale che i cittadini possono decidere se confermare o mandare a casa. Potete mandare a casa i dirigenti dello Stato che non vi piacciono? No. I grandi funzionari, i capi della aziende pubbliche che guadagnano decine di volte più di un parlamentare e gestiscono importanti centri di potere e di influenza? No. Potete scegliere i magistrati che hanno il potere di mettere chiunque in carcere (ogni anno 1000 persone vanno in carcere e poi sono ritenute innocenti dagli stessi tribunali) di sequestrare e chiudere aziende, di interpretare la legge al punto da cambiarla? No. Potete scegliere i capi delle banche, dei grandi poteri finanziari, che possono muovere molto più denaro dei governi e dei parlamenti? No. Potete scegliere chi dirige i giornali e conduce le trasmissioni televisive, che impongono certi temi e certe idee e ne nascondono altri? No.

Ebbene, tutti costoro hanno interesse a distruggere l’immagine dei parlamentari agli occhi dei cittadini. Non tutti e non sempre lo fanno, certo. Ma se i parlamentari non decidono più nulla, non è che magicamente il potere passa nelle mani dei cittadini. Ma passa a quegli altri signori, che decideranno loro tutto, al 100%. E i cittadini non potranno farci assolutamente nulla. Certo, anche dei parlamentari possono essere indotti da quei poteri a votare secondo i loro interessi anziché secondo gli interessi dei cittadini. Ma i cittadini possono mandarli via votando altri, cosa che impossibile per tutte le altre categorie citate.

I deputati e i senatori non hanno svolto al meglio il loro lavoro? Hanno fatto errori? Molti di loro sono inadeguati? Certo che è così!

Del resto, alle scorse elezioni politiche, solo due anni fa, su quattro elettori, uno non ha votato e uno ha votato per il M5S, un partito che prometteva la “decrescita felice” e che come leader – accanto a un vecchio comico che vede l’Iran come modello per valorizzare il ruolo della donna, che nei comizi mette in scena parodie dei sacramenti – aveva un ragazzo, che in 12 anni di università non è neppure arrivato vicino alla laurea, e la cui unica esperienza lavorativa era vendere saltuariamente bibite allo stadio (lavoro onesto e dignitoso ma non l’esperienza giusta per governare un grande Paese!), oltre ad essere socio al 50% della ditta di famiglia con lavoratori in nero di cui – dice lui – non sapeva nulla. Con questo comportamento al voto, come ci si può lamentare se il livello dei parlamentari non è adeguato? Anche perché è ovvio che i restanti partiti non sono perfetti.

Insomma, capire prima di insultare. Informarsi e non disinformare. Non inoltrare messaggi infondati senza un minimo di controllo.

 

VI SONO ANCHE ALTRE MOTIVAZIONI PER LA CAMPAGNA ANTI-PARLAMENTARE

  • giusto sdegno per gli scandali emersi a vari livelli, molto raramente sul livello parlamentare, ingiustamente riferito a tutti “i politici”;
  • antica ostilità all’intera struttura dello Stato e degli altri enti che costituiscono la Repubblica, vissuti come essenzialmente parassitari, ostilità acuita dalle correnti difficoltà economiche, certamente gravi; principale bersaglio di questa ostilità sono, in ogni democrazia e in ogni epoca (ad esempio ai tempi di Caligola), i membri del parlamento; la campagna di stampa (poi seguita dagli altri media, incluso il cosiddetto servizio pubblico) di questi ultimi anni, ricca di mistificazioni, esagerazioni e falsità, ha fatto leva su questo sentimento, l’ha esacerbato e l’ha ingigantito;
  • mera e schietta invidia, di cui i parlamentari sono bersaglio preferenziale proprio perché in gran parte non appartengono ad alcuna aristocrazia (sono cioè il contrario di una casta): mentre solo i figli dei nobili possono essere nobili, solo pochissimi diventano ricchi se non sono figli di ricchi, chiunque può invece diventare parlamentare, anche chi è nato da famiglia umile, non è molto istruito e magari non è neppure molto intelligente; chi li invidia avrebbe potuto diventare uno di loro, e non ci è riuscito, per questo li odia;
  • brutale ostilità alla democrazia: non è raro sentire richiami al “buon tempo” quando uno solo comandava, sentire citare il nazismo non come momento di barbarie, ma come esempio, magari iperbolico, di disciplina, ordine e pulizia morale, sentire auspicare fantomatici organi che possano sanzionare anche le decisioni politiche delle istituzioni democratiche, dimenticando che in democrazia il controllo di merito spetta al popolo sovrano; come disse Pericle 2446 anni fa: questo “si chiama democrazia”;
  • ma soprattutto volontà di indebolire gli organi democratici; determinati interessi sono disturbati dal residuo potere del Parlamento e in genere della democrazia; è certamente più facile ottenere dallo Stato e dagli altri livelli di governo norme e atti compiacenti e convenienti, anche legali, rivolgendosi direttamente a sconosciuti ma potentissimi funzionari e burocrati, piuttosto che alle decisioni trasparenti, collettive e pubbliche degli organi che rappresentano il popolo sovrano; in subordine, è molto più facile ottenere la “collaborazione” di parlamentari indeboliti davanti all’opinione pubblica e dal punto di vista economico; nello splendido film Lincoln di Steven Spielberg, si rappresentano molto bene deputati sicuri della non rielezione (condizione oggi molto comune con il limite di alcuni partiti al numero dei mandati, il taglio dei parlamentari, partiti che salgono e poi scendono rapidamente nei consensi ecc.) pronti a votare contro i principi propri e dei propri elettori (in quel caso principi sbagliati) in cambio di posti di lavoro anche di basso livello, di lì a poco indispensabili al loro sostentamento; se poi il trattamento economico dei parlamentari è tale che neppure una campagna elettorale ben al di sotto dei limiti di spesa minima è alla loro portata, i “costi dei politici” (cioè quanto ci vuole per “convincerli” a votare le cose che fanno comodo) saranno sicuramente in picchiata, con gran gioia dei “compratori”; la costituzione tedesca, come la nostra, prevede un’indennità per i parlamentari, ma quella specifica “un’adeguata indennità che assicuri la loro indipendenza”; certo, l’avido efferato si farà corrompere anche se guadagna una fortuna e il santo non lo farà neppure se muore di fame; tutti gli altri, cioè il mondo reale, possono farsi tentare se il bilancio familiare è sempre a rischio; del resto, abbiamo potuto recentemente leggere una sentenza della Corte Costituzionale che ha ritenuto il blocco triennale dei compensi a carico delle pubbliche finanze incostituzionale per quanto di riferisce ai magistrati, poiché esso lederebbe la loro indipendenza, garantita dalla Costituzione; orbene, i costituzionalisti concordano che l’articolo 69 della Costituzione, che assegna ai membri del Parlamento una indennità stabilita dalla legge, trova la sua ragion d’essere proprio nella necessità di garantire la loro indipendenza;
  • interesse ad indebolire l’Italia: quel che vale per gli interessi specifici nazionali vale, a maggior ragione, per quelli internazionali, che hanno ancora meno ostacoli dei primi ad agire, promettere e garantire posti e prebende, ed hanno ancora più interesse a saltare, sminuire o indebolire scomodi passaggi parlamentari; qualche esempio di interessi internazionali contrari ai nostri: far scendere il valore di aziende italiane strategiche o comunque pregiate per poterle comprare a buon mercato e poi valorizzarle in seguito o semplicemente per impadronirsi del marchio o ancor più semplicemente per renderle concorrenti più deboli, ovvero deviare altrove grandi correnti di traffico commerciale, oppure rendere l’Italia un mercato di facile conquista o, infine, caso molto attuale, rendere l’Italia arrendevole negli organismi internazionali.

 

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