La mozione di Forza Italia contro l’antisemitismo bocciata dal voto di PD, 5S, IV e LeU

Bernini, Malan, Galliani, Gallone, Giammanco, Lonardo, Mallegni, Mangialavori, Moles, Rizzotti, Ronzulli, Pichetto Fratin, Vitali, Aimi, Alderisi, Barachini, Barboni, Battistoni, Berardi, Berutti, Biasotti, Binetti, Caliendo, Caligiuri, Cangini, Carbone, Causin, Cesaro, Craxi, Dal Mas, Damiani, De Poli, De Siano, Fantetti, Fazzone, Ferro, Floris, Gasparri, Ghedini, Giro, Masini, Alfredo Messina, Minuto, Modena, Pagano, Papatheu, Paroli, Perosino, Romani, Rossi, Saccone, Schifani, Sciascia, Serafini, Siclari, Stabile, Testor, Tiraboschi, Toffanin. –

Respinta

Il Senato,

premesso che:

la pubblica attenzione è sempre più richiamata sui crescenti fenomeni di “hate speech“, discorsi di odio e intolleranza diffusi attraverso i mezzi di comunicazione e in particolare sul web, in special modo nei riguardi delle minoranze, promuovendo, incitando o giustificando la violenza, la diffamazione e la discriminazione nei confronti di una singola persona o di un gruppo di persone per motivi etnici, religiosi, sessuali o legati a condizioni personali, come ad esempio la disabilità;

l’espressione “hate speech” ha origine nella giurisprudenza americana e, sebbene non sia indicata nella convenzione istitutiva della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), è stata usata dalla Corte fin dall’8 luglio 1999, evitando una definizione precisa del fenomeno che avrebbe potuto limitare il suo futuro raggio d’azione;

a livello internazionale la fonte di riferimento è il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottato a New York il 19 dicembre 1966 e reso esecutivo dalla legge n. 881 del 1977, che inserisce una specifica restrizione, disposta all’articolo 20, sul divieto di appelli all’odio nazionale, razziale o religioso, che costituiscano incitamento alla discriminazione, all’ostilità o alla violenza, così come ogni propaganda in favore della guerra, e richiede l’adozione delle necessarie misure e sanzioni per proibire tali azioni;

gli hate speech, in mancanza di precisa e univoca definizione, sono suscettibili di applicazioni arbitrarie; infatti, i codici penali di molti Stati membri, in riferimento all’incitamento alla violenza o all’odio, utilizzano varie terminologie e differenti criteri di applicazione, in base alle motivazioni, al contesto nel quale vengono utilizzati e agli strumenti di diffusione utilizzati;

la decisione quadro 2008/913/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2008, è intervenuta sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale, prevedendo che gli Stati membri debbano garantire la punibilità dei discorsi di incitamento all’odio, intenzionali e diretti contro un gruppo di persone o un membro di essi, in riferimento alla razza, al colore, alla religione o all’etnia; l’istigazione pubblica alla violenza o all’odio, anche mediante la diffusione di scritti, immagini o altro materiale; l’apologia o la negazione dei crimini di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra e, infine, i comportamenti atti a turbare l’ordine pubblico o minacciosi, offensivi e ingiuriosi;

considerato che:

la Nuova Mappa dell’intolleranza 4, ideata da VOX Diritti – Osservatorio Italiano sui diritti – in collaborazione con l’Università Statale di Milano, l’Università di Bari, l’Università La Sapienza di Roma e il Dipartimento dell’Università Cattolica di Milano, ha esaminato le comunicazioni attraverso “Twitter” nel periodo tra il mese di marzo e il mese di giugno 2019, definendo preoccupanti i dati raccolti, nei quali si evidenziano come vittime soprattutto alcune categorie quali migranti, musulmani, ebrei;

in Italia non esiste una definizione normativa di hate speech;

la Commissione sull’intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio, istituita dalla Camera dei deputati il 10 maggio 2016, intitolata il 4 luglio successivo a Jo Cox, la deputata laburista aggredita e uccisa da un nazionalista in Inghilterra il 16 giugno di quell’anno, nella relazione finale approvata il 6 luglio 2017 ha indicato, senza reali riferimenti statistici, lo Stato italiano come il Paese europeo con il più alto tasso di disinformazione in tema di immigrazione, che si evidenzierebbe, ad esempio, in una forte sovrastima del numero di stranieri e in particolare di musulmani; in risposta a questi dati il dossier Statistico Immigrazione 2018, realizzato dal Centro Studi e Ricerche IDOS, insieme al Centro Studi Confronti e all’UNAR, si propone di fornire una più documentata analisi della realtà sul quadro migratorio internazionale e nazionale;

è doveroso contrastare condotte moralmente censurabili e lesive della dignità di persone e gruppi sociali, in quanto rappresentano un ostacolo alla convivenza della comunità sociale; occorre però attenzione al fine di non limitare in alcun modo il principio della libera manifestazione del pensiero, sancito dall’articolo 21 della Costituzione, fuori e dentro il web;

non va trascurato, infatti, il pericolo che nel sanzionare lo hate speech, si arrivi a limitare indebitamente la libertà di espressione, che non può non includere la libertà di polemica, anche aspra; occorrono criteri oggettivi e simmetrici, non soggettivi e asimmetrici; non si può vietare un certo comportamento o espressione sulla base del fatto che qualcuno afferma di esserne offeso, altrimenti si tutelano maggiormente gli intolleranti rispetto agli altri; anzi, coloro che si dicono “offesi” dalla pacifica manifestazione dell’altrui identità, cultura o religione, al fine di impedirla, attuano una forma di prevaricazione inaccettabile; dall’altra parte, non può essere in nessun modo accettabile, contro chiunque sia rivolta, una comunicazione volta ad attribuire falsamente comportamenti, atti o dichiarazioni, specialmente quando questi configurano dei reati; una recente sentenza della Corte di Cassazione che sostanzialmente tutela gli insulti diffusi attraverso i social media rischia di incentivare addirittura questi fenomeni;

sono sempre più frequenti, inoltre, le espressioni di avversione pregiudiziale nei confronti dei cristiani o dei valori cristiani, come ad esempio la famiglia, che sfociano spesso in atti vandalici e aggressioni;

secondo l’Osservatorio sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa (OIDAC) che ha sede a Vienna negli ultimi 10 anni c’è stato un aumento esponenziale di atti di violenza, aggressioni, furti e vandalismo ai danni di chiese e statue e simboli cristiani;

il fatto che in questo caso la vittima sia la maggioranza e non una minoranza non rende meno preoccupante il fenomeno;

contrastarlo attraverso strumenti adeguati deve rappresentare uno dei principali obiettivi dello stato di diritto;

desta preoccupazione, inoltre, l’escalation di fenomeni di intolleranza di carattere politico nei confronti di persone, sedi o manifestazioni perpetrati da frange estremiste volte a reprimere con la forza e la violenza la libera manifestazione del proprio pensiero sancita dall’articolo 21 della nostra Carta Costituzionale;

delibera di istituire una Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo, anticristianesimo e istigazione all’odio e alla violenza, costituita da 20 componenti in proporzione alla consistenza dei gruppi parlamentari ed elegge tra i suoi membri l’Ufficio di Presidenza composto dal Presidente, da due vice presidenti e da due segretari;

la Commissione controlla e vigila sull’attuazione delle convenzioni, degli accordi internazionali e della legislazione nazionale riguardanti i fenomeni di odio, di intolleranza, di razzismo e di istigazione agli stessi o alla violenza, denominati come fenomeni di “hate speech“; a tal fine, la Commissione svolge i seguenti compiti: ricognizione delle normative nazionali e internazionali e di ogni documentazione utile sulla materia; studi e ricerche relativi al fenomeno degli “hate speech“; formulazione di proposte finalizzate all’armonizzazione e all’adeguamento della legislazione nazionale con la normativa europea; a tal fine la Commissione può prendere contatto con istituzioni di altri Paesi nonché con organismi sovranazionali e internazionali ed effettuare missioni in Italia o all’estero e avvalersi della collaborazione di esperti e può affidare l’effettuazione di studi e di ricerche a istituzioni pubbliche o private, a gruppi o a singoli ricercatori mediante convenzioni;

entro il 30 giugno di ogni anno, la Commissione trasmette al Governo e alle Camere una relazione sull’attività svolta, comprendente i risultati delle indagini, le conclusioni raggiunte e le proposte formulate;

l’attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa a maggioranza assoluta dei propri membri; ciascun membro può proporre la modifica delle disposizioni regolamentari; le sedute e tutti gli atti della Commissione sono pubblici, salva diversa deliberazione della Commissione stessa da assumere a maggioranza assoluta dei suoi membri; per l’espletamento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, d’intesa tra loro.

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