RIFORMA SERVIZI PUBBLICI. MALAN (PdL): ACQUA ORA DARÀ DA BERE E NON DA MANGIARE

“Da Sinistra continua la campagna di bugie sulla riforma dei servizi pubblici locali, acqua inclusa, a cominciare dalla bugia della privatizzazione. Da tempo, in molte parti d’Italia, la gestione dell’acqua è affidata ai privati; quel che cambia è che da ora sarà obbligatoria la trasparenza nelle gare, e l’ente pubblico dovrà assumersi la responsabilità di programmare e controllare la gestione di questo importante bene pubblico. Cosa che molti amministratori finora non hanno fatto, occupati a piazzare amici e sodali nelle varie aziende amiche. Citando un politico del passato, si può dire che ora l’acqua darà da bere, non più da mangiare”.

 

“Non servono slogan ma senso di responsabilità”

Lucio Malan risponde ai blog sulla riforma dei servizi pubblici locali

Ricordatevi pure il mio nome quando arriva la prossima bolletta dell’acqua (come si legge su alcuni blog “contro la privatizzazione dell’acqua”). Ma, soprattutto, ricordatevi i nomi degli amministratori locali che avete eletto e che eleggerete, i quali, prima e dopo la riforma, hanno il compito di stabilire i criteri con cui affidare la gestione dell’acqua.

E’ dal 1994 (Governo Ciampi) che l’acqua è gestita dagli ATO (Ambiti Territoriali Ottimali), amministrati dai sindaci dei Comuni che ne fanno parte. Hanno dato un buon servizio? Oppure hanno aumentato le bollette in modo irragionevole? L’acqua è buona o fa schifo? Ci sono interruzioni frequenti o solo in casi eccezionali? Il merito o la colpa non sono né miei né della “mia” riforma. Ma di quei sindaci e di chi hanno posto a capo dell’ATO (per esempio nella mia Provincia, Torino, il presidente della Provincia è stato eletto presidente dell’ATO).

Già con la legge precedente era possibile affidare la gestione a privati: anzi, si poteva fare senza gara, come ad esempio – secondo quanto è stato detto da Rai News 24 – è successo ad Arezzo, dove ci sono state forti lamentele sull’aumento delle bollette. Gli aretini non hanno bisogno di ricordarsi del mio nome, ma di chi ha dato la gestione senza chiedere opportune garanzie.

Molti dicono che ci vogliono 45 miliardi, forse 60, per la manutenzione degli acquedotti. È chiaro che lo Stato i soldi non li ha. Dunque, o si investe ambito per ambito, magari aumentando le bollette entro i limiti fissati dall’ente pubblico, oppure avremo acquedotti sempre più colabrodo e una qualità dell’acqua in degrado. Bisogna scegliere. Molti amministratori non hanno scelto e ora danno la colpa a chi capita.

I casi limite accaduti all’estero (come in Bolivia, dove la gente è arrivata a dover pagare un terzo dello stipendio per le bollette) sono il risultato della rapacità di certe aziende sommata all’incapacità, o alla corruzione, degli amministratori che non hanno messo loro dei limiti. Con la “mia” riforma c’è comunque una garanzia: che qualunque azienda può arrivare, ad Arezzo o altrove, e dire ‘possiamo dare lo stesso servizio, con costi inferiori, oppure agli stessi costi ma eliminando le perdite della rete’. L’ente pubblico dovrà fare una scelta trasparente su parametri stabiliti in precedenza. Se poi il privato viola i patti, l’ente pubblico o i singoli cittadini potranno denunciarlo come si può denunciare chi ti vende merce difettosa o non te la consegna una volta pagata. Se però è l’ente pubblico che non ha posto limiti alle tariffe o non ha richiesto un livello adeguato della qualità dell’acqua e della manutenzione della rete, il responsabile è l’ente e non altri. Già oggi è così, ma spesso gli amministratori pubblici trovano più comodo o difendere l’operato del carrozzone municipalizzato dove hanno piazzato parenti e amici, o dare la colpa al privato, anche se si limita a rispettare il contratto.

In conclusione: ciascuno deve assumersi le proprie responsabilità. L’alternativa è lamentarsi e dare comunque la colpa agli altri. Ma nel primo caso si ottiene buona amministrazione, nel secondo caso degrado e malcontento.

 

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