Non ci può essere vero benessere per un Popolo senza la libertà e non c’è vera pace senza la libertà

Ringraziamo i 9.000 militari italiani che difendono la pace in tante parti del mondo, rendendo onore al loro Paese

Intervento in Aula nella discussione sulle comunicazioni del Governo in relazione alla crisi in Iraq e connesse mozioni

Signor Presidente, Signor Ministro degli Esteri, Colleghi,

ho molto apprezzato e completamente condiviso l’illustrazione della posizione del Governo fatta dal Ministro Frattini, che ringrazio non solo per i contenuti ma per lo spirito costruttivo, responsabile e umanitario con cui egli e il Governo si pongono di fronte al futuro, al termine – che speriamo e preghiamo prossimo – di questo conflitto.

Desidero sottolineare il punto in cui il Ministro ha ribadito che questo non è uno scontro di civiltà, non è una guerra contro l’Islam o gli islamici. Desidero far notare che, al di là delle adunate più o meno spontanee in certe città arabe, è stata proprio la gran parte degli islamici a dimostrare di averlo capito – a cominciare dagli iracheni che non hanno dato retta agli appelli del regime a unirsi ai miliziani e che, se non si sono ribellati al regime, è stato solo per il terrore delle rappresaglie, cioè per la stessa ragione per cui le nostre città non si ribellarono ai tedeschi se non quando ebbero concrete speranze di una loro vicina partenza. Nonostante tutte le previsioni (che a volte sembravano quasi speranze, purtroppo), non ci sono state azioni terroristiche, semmai sono addirittura diminuite, non ci sono state concrete azioni ostili da parte di Paesi arabi, non ci sono stati scontri di religione e di etnia né nei Paesi islamici né in quegli occidentali. Ciò che verrà fatto dopo la fine della guerra sarà decisivo per rassicurare questi Popoli.

Anche per questo, Signor Ministro, il suo richiamo alla coesione spero sia ascoltato e considerato con attenzione dall’Opposizione, e alcuni interventi sono andati in questa direzione.

Molte cose ci hanno diviso prima e durante il conflitto. Gran parte dell’Opposizione ha chiesto che l’Italia negasse ai nostri alleati l’uso delle basi e dello spazio aereo, che persino Francia e Germania hanno invece concesso. Qualcuno nella Sinistra, che in passato ricoprì addirittura altissime cariche dello Stato, è arrivato ad augurarsi la vittoria delle milizie di Saddam Hussein. Altri si sono limitati a sperare che la guerra fosse lunga e difficile. E, peraltro, impedire l’uso delle nostre basi e del nostro spazio aereo avrebbe effettivamente contribuito a questo fine scellerato, rendendo in qualche misura meno agevoli le operazioni militari. C’è stato anche da parte dell’Opposizione il tentativo di dire che eravamo in guerra quando, invece, non lo siamo. Un atto – oltre che mistificatorio – anche pericoloso per il nostro Paese, poiché capace di aumentare il rischio di attentati; rischio che, comunque, c’è, poiché bastano pochi fanatici per compiere questi crimini.

Voglio credere, però, che per il futuro ci unisca il desiderio di un Iraq libero, dove le immense risorse economiche – che per anni sono state impiegate per i lussi folli di un ristrettissimo numero di privilegiati, per fare la guerra ai Paesi vicini, per costruire armi di distruzione di massa, per opprimere le donne e gli uomini iracheni – vengano ora usate per la prosperità di tutti i cittadini e per lo sviluppo del Paese. Gli urgenti soccorsi umanitari dovranno giungere al più presto, ma anche questo non è possibile senza un Governo affidabile. Ancora ieri le autorità irachene, benché allo sbando e allo stremo, hanno voluto respingere gli aiuti umanitari alla frontiera con la Giordania.

Non ci può essere vero benessere per un popolo senza la libertà e non c’è vera pace senza la libertà. Non c’è stata pace nei 23 anni di regime di Saddam, in cui sono stati uccisi non meno di 500.000 cittadini iracheni – un numero 200 volte maggiore a quello degli iracheni uccisi nella guerra in corso. Più di un milione sono stati i morti nelle guerre esterne volute dal regime, e arriviamo a un totale oltre 600 volte superiore ai morti di questa guerra.

Inoltre, secondo fonti del regime, prese per oro colato da tante anime belle nel nostro Paese, un milione e mezzo di bambini sarebbero morti a causa dell’embargo internazionale. C’è motivo di credere che si tratti di pura propaganda, ma tre cose sono certe: in primo luogo, l’embargo poteva essere fermato ogni giorno dal regime, se avesse ottemperato alle numerose risoluzioni dell’ONU; in secondo luogo, grazie al programma “Oil for food“, l’Iraq gode da diversi anni delle stesse entrate di cui godeva prima della guerra del 1990-1991, dunque non si vede perché i bambini avrebbero dovuto stare peggio di allora; in terzo luogo, se, nel periodo dell’embargo, il regime avesse ridotto del 50 per cento le spese militari e quelle per costruire moschee monumentali ed edifici presidenziali, con il rimanente avrebbe potuto comprare cibo e medicinali tanti quanti ne importava prima della guerra del 1990-1991.Dunque, se veramente in questi dodici anni fossero morti un milione e mezzo di bambini, ciò sarebbe certamente responsabilità del regime, e dunque tutti i morti iracheni in questa guerra equivarrebbero ai bambini fatti morire dal regime in solo otto giorni.

Non è bello fare la contabilità dei morti. Se questa guerra fosse costata anche una sola vita, nessuno avrebbe potuto prendere la decisione di iniziarla a cuor leggero o con la pretesa che tutti la approvassero. È proprio la singola vita umana a essere preziosa e insostituibile, per i nostri princìpi e per i nostri valori.

Ma il mio ragionamento è quello opposto. Chi ha a cuore la vita umana, in particolare chi ha responsabilità politiche (e, nel mondo democratico, ogni cittadino ha un pezzo di responsabilità politica), può davvero schierarsi a cuor leggero contro un conflitto che, al doloroso prezzo di un certo numero di vite umane (tutte degne di rimpianto, dai giornalisti morti ieri ai miliziani iracheni andati a combattere per evitare rappresaglie sulla loro famiglia), ne salverà un numero enormemente superiore? Può dire, di fronte a questo, semplicemente “no” alla guerra “senza se e senza ma” ma, soprattutto, senza speranza per chi è oppresso da un regime spaventoso, senza libertà per 22 milioni di iracheni, senza alcuna sanzione per chi non ha ottemperato alle risoluzioni dell’ONU, sulla base delle quali fu fermata l’azione militare autorizzata dall’ONU nel 1991, senza tutela per la sicurezza internazionale, senza nulla fare contro le possibili guerre di domani e dopodomani?

La guerra contro Milosevic e il suo regime nel 1999non autorizzata dall’ONU e alla quale l’Italia, guidata dal Governo D’Alema, partecipò attivamente – ha risparmiato altre decine di migliaia di morti; anzi: fosse stata fatta qualche anno prima, sarebbe stata più facile e avrebbe salvato le 200.000 vite distrutte dalle pulizie etniche di quel regime. E oggi i serbi sono un popolo libero, con una speranza per il futuro.

Ebbene, i Governi degli Stati Uniti, del Regno Unito, dell’Australia, della Polonia e di altri Paesi, visti inutili tutti gli altri sforzi per disarmare pacificamente il regime, hanno deciso di intraprendere l’azione militare. Il nostro Paese non ha partecipato a questa azione militare ma ha dato il proprio sostegno alla coalizione. Grazie a questa azione, oggi possiamo parlare di aiuti umanitari; possiamo parlare di risorse petrolifere irachene in mano e a beneficio degli iracheni e non in mano a un regime sanguinario, magari in collaborazione con qualche compagnia dei Paesi cosiddetti pacifisti; possiamo parlare di libertà e democrazia in Iraq, di ruolo dell’ONU, dell’Unione Europea e della NATO. Grazie a questa azione militare, coloro che pensassero per il futuro di mettere in pericolo la sicurezza internazionale sanno che le loro azioni non saranno prive di conseguenza e, probabilmente, se ne asterranno. Ora, la Comunità internazionale, proprio per rispetto a chi ha sofferto o è caduto in questa guerra (giornalisti, americani, britannici, iracheni civili e militari) deve lavorare con totale impegno perché questo sacrificio sia portatore di pace, prosperità e libertà.

Vorrei chiudere il mio intervento con alcune frasi tratte da una lettera scritta da Joshua Miles, caporale dei marines degli Stati Uniti, e sottoscritta dagli altri marines del suo battaglione: “A tutta la gente libera che protesta. Noi vi proteggiamo e voi siete protetti dai migliori. La vostra voce è forte, ma chi combatterà per voi? Siamo i vostri padri, i vostri fratelli e figli, siamo quelli che hanno lasciato tutto quello che possiedono per assicurare il vostro futuro. Siamo quelli che combattono e muoiono. Forse noi non potremo salvare il mondo ma almeno ci proviamo. Così, quando radunate il vostro gruppo per protestare, guardate la vostra coscienza. Perché voi possiate sventolare quella bandiera che amate tanto, sono state combattute guerre. Così, fermate le vostre urla e pregate per quelli che sono dietro le linee nemiche. Quando il conflitto sarà finito e sarà andato tutto bene, ringraziateci di aver scelto di passare attraverso l’inferno”.

Noi ringraziamo questi uomini e queste donne, così come ringraziamo i 9.000 militari italiani che difendono la pace in tante parti del mondo, rendendo onore al loro Paese.

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on email